Nivea contro Neve. Vicenda stranota che ha visto il colosso tedesco Beiersdorf imporsi sulla piccola realtà piemontese costretta a ritirare dal mercato le sue linee di prodotti a marchio Neve e Neve Make up. Motivazione? Nome troppo simile a Nivea, come indica il latino niveus/nivea/niveum che significa “bianco come la neve”.

Naturalmente non sta a noi analizzare l’aspetto legale della vicenda che ha consegnato lo scettro del vincitore alla multinazionale. Ciò su cui, invece, vale la pena riflettere sono le conseguenze che questa decisione ha scatenato tra l’opinione pubblica che si è subito erta a paladina della piccola azienda torinese attraverso il mondo del web. Infatti, è proprio sui social network che si è combattuta la vera battaglia, a colpi di hashtag e petizioni su Facebook e Twitter per convincere il marchio tedesco a ritirare la causa. Così in pochi giorni l’hashtag #StoConNeve è rimbalzato sulle bacheche Facebook e Twitter degli utenti, dando una inaspettata popolarità a Neve, marchio senz’altro nobile e cruelty free ma decisamente di nicchia in quanto notorietà. Almeno fino a prima della querelle virtuale con il “gigante cattivo” che ha consentito a Nivea di raggiungere un pubblico più vasto che, pur non essendo necessariamente a favore di una bellezza sostenibile, si è sentito di schierarsi con il marchio più debole. Un punto a favore di Neve dunque.

Ad aggravare la situazione, la decisione della multinazionale tedesca di non rispondere ai commenti negativi sulla sua pagina Facebook, anzi, di cancellarli proprio. A questo punto il problema della causa legale Nivea versus Neve è passato in secondo piano alla velocità della luce per lasciare al centro della polemica la “cattiva gestione” della crisi da parte del management aziendale. Già, lo sappiamo bene, il mondo della rete è impietoso di suo, ancor più di fronte a comportamenti come quello di Nivea che ha scelto di cancellare i messaggi scomodi, come a negare la issue in atto. Certo è vero che i panni sporchi si lavano in casa, ma se ti chiami Nivea e la tua sola pagina Facebook conta oltre 17 milioni di fans, forse insabbiare la questione non è la strada migliore. In questo modo il brand sembra considerare la comunicazione sui social media a senso unico; un palcoscenico dove mostrare il meglio di sé scegliendo di guidare sempre e comunque il gioco. E questo il popolo della rete certo non lo accetta. Altro punto a favore di Neve, dunque, che ha compreso come nell’era digitale un problema può facilmente trasformarsi in una opportunità di comunicazione. A bilanciare la situazione, il parere di voci esperte in on line reputation che giudicano contenuto il danno di immagine a carico di Nivea poiché la campagna web di Neve non sarebbe riuscita ad essere così incisiva da smuovere una gran massa di utenti e soprattutto da scongiurare il rischio di finire a breve nel dimenticatoio del web a causa di un # poco strategico che non contiene la parola Nivea. A prescindere da vincitori e vinti, la chiave di tutto è comunque l’innegabile forza del web, nel bene e nel male. Se non si fosse mobilitata la rete, senz’altro la storia Nivea vs Neve avrebbe avuto un’altra visibilità e di sicuro la piccola realtà della provincia torinese non avrebbe raggiunto un target così ampio e trasversale.

Sarebbe curioso vedere cosa accadrebbe oggi di fronte al caso Renault Fiat, che ha visto quest’ultima costretta  a ridare il nome Panda alle sue Fiat Gingo per motivi di assonanza del nome Gingo con Twingo, l’utilitaria della casa automobilistica francese. Ma era il 2003, i social network non esistevano ancora e le dinamiche di comunicazione e di conseguenza di reputazione rientravano ancora in una sfera di controllo guidata unicamente dalle protagoniste. Sempre nel bene e nel male.

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