Nuvole all’orizzonte per RyanAir, la compagnia aerea low cost non supera l’esame “etico” e 7 fondi europei ritirano i loro investimenti.

Sembra che il filone sostenibilità tanto caro ai consumatori, si stia ritagliando un posto speciale non solo nel cuore dei brand e dei relativi reputation manager ma anche in quello di importanti investitori, tra i quali Atp, il più grande fondo danese, Sam, PFA, Folksam, un investitore istituzionale svedese, Baillie Gifford ed Hermers Eos, proxy advisor in Gran Bretagna.

L’integrazione, lo sviluppo e la valorizzazione di componenti etiche all’interno dei modelli di business è tanto un’esigenza quanto un must, per molte multinazionali, come P&G e Unilever, Coop. Un tema centrale che ha fatto sì che molti opinionisti abbiano contribuito alla discussione su RyanAir schierandosi a favore della decisione dei sette fondi di ritirarsi: dalla contributor di Forbes e giornalista dell’Indipendent Dina Medland agli inviati della Reuters di Londra. Dure, ma prevedibili, le reazioni degli imprenditori norvegesi e danesi, abituati ad altri standard sia di retribuzione che di qualità del lavoro, e di recente impegnati in una lotta contro la low cost irlandese proprio per il trattamento riservato al personale. Quello che ha lasciato tutti a bocca aperta è stato il commento del CEO Michael O’Leary, che, senza usare mezzi termini, ha definito degli “idioti (idiots)” male informati tutti e sette i fondi. Insomma, che si richiedesse una dichiarazione del brand sull’accaduto era scontato, che venisse data questa risposta, che lascia poco (o forse nessuno) spazio alla discussione, un po’ meno. La compagnia, sui propri touch point social, non ha veicolato la notizia, anzi, si è limitata, nei giorni scorsi, a sottolineare i suoi punti di forza, cercando di gestire per quanto possibile la situazione di crisi: compagnia aerea numero uno al mondo per il servizio di customer care, il 91% dei voli atterra in orario e il titolo è cresciuto del 10% dall’inizio dell’anno. Forse è stato proprio quest’ultimo fattore ad incidere sulla decisione di ritirarsi dagli investimenti, ma noi siamo sicuri che in qualche modo abbiano influito tutte le vertenze e le tensioni legate al contratto di lavoro della low cost irlandese in territorio danese. A differenza di quanto ci si aspetterebbe, però, l’analisi della keyword RyanAir riporta 21.731 conversazioni di cui “solo” il 54% con sentiment negativo, mentre accostando il nome del CEO Michael O’Leary la situazione si capovolge: 3.767 discussioni all’attivo e positive (si parla del 70% del totale).

Potrebbe essere un messaggio di apprezzamento, da parte della rete, per il TOV del numero uno della compagnia aerea, che ha difeso a spada tratta la reputazione del brand senza curarsi della possibilità di crisis cui è andato incontro (d’altronde il CEO non ha un profilo twitter né uno facebook). Oppure potrebbe essere semplicemente legato al fatto che ai consumatori da una parte piace vedere un po’ di rispetto verso dipendenti e ambiente da parte delle aziende ma, dall’altra parte, se questa rischia di incidere sui propri privilegi (o di intaccare in qualche modo il proprio portafogli) ecco che i principi cominciano a traballare.

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