Basta cambiare il tappo e diventa uno spruzzino, un erogatore per colorare, un giocattolo spara acqua. Stiamo parlando delle bottigliette della Coca-Cola, di quei contenitori in plastica che se lasciati al loro destino si smaltirebbero in 1000 anni, si pensi: la metà dalla nascita di Cristo.

L’operazione nasce in Asia, la Coca-Cola sta distribuendo inusuali tappi di bottiglia che trasformano i contenitori di plastica in pennelli, lampade, tempera-matite… Un progetto pilota chiamato ‘2 Nd Lives’, e lanciato in Vietnam con 40.000 tappi di bottiglia distribuiti gratuitamente con l’acquisto di una bottiglia di Coca-Cola. La campagna continuerà sicuramente in Thailandia e Indonesia, poi si vedrà…

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Ebbene sì, il colosso di Atlanta mette a segno un altro progetto eccellente, fornisce al mondo contenuto, innovazione, divertimento, gli argomenti che continueranno a contrastare le criticità sempre pronte a mettere in discussione la bibita più popolare al mondo, quella che penetra con messaggi pubblicitari le zone più remote del pianeta dagli anni ’20.

Ripercorrendone la storia, il fil rouge che ritrovo come traccia evolutiva mi parla di linguaggio e di modernità. Un marchio appeso all’immaginario collettivo, che ha ‘vestito’ Babbo Natale di bianco e di rosso e il cui nome, dopo l’espressione americana ‘ok’, è la parola più conosciuta al mondo.
Forse non tutti sanno che già nel 1904, la Coca-Cola aveva venduto il suo primo milione di galloni (3.785 milioni di litri) che equivarrebbe al consumo giornaliero di acqua di una persona per 5.184.931 di anni, se li potesse vivere. Questo è il vero punto. Che mai in un brand si sono fusi due elementi pariteticamente rivoluzionari: il prodotto e la comunicazione.

Un prodotto capace di far passare la nausea e il mal di testa, di far digerire e di eccitare. Una formula segreta conosciuta da due persone che non possono mai trovarsi nello stesso momento nello stesso posto. Un uso di ingredienti al confine tra il lecito e l’illecito con quel rimando alla cocaina che ispirò Vasco Rossi e che pietrifica le ‘mamme perfette’ alle feste di compleanno.

Una pubblicità che accoglie i turisti con manifesti un po’ sbiaditi dal mare, dal sole e dal vento nelle isole più remote delle Filippine, dove si accede solo via mare. Una comunicazione che è stata capace di superare le logiche limitative della pubblicità di ‘massa’, che è arrivata a ogni Lorena, Marco, Stefano, Laura, Davide e che si poteva condividere con ogni Mamma, Dad, Tesoro, Amore, coniando il ‘personal branding’. Un messaggio coraggioso che nell’ultima campagna ha lanciato il ‘Social Media Gard’ per esortarci a limitare l’invasività dei social network e a recuperare la ricchezza delle relazioni interpersonali. Una questione di reputazione, insomma.

Che dire dunque?

Personalmente io che di endorcement me ne devo occupare quotidianamente, non abdico al mio ruolo di endorcer per snobbismo intellettuale e, aihmè, pienamente consapevole delle conseguenze di questo mio scrivere… dopo avere comprato la Coca-Cola Laura, Mamma e Boss, continuerò a comprare la Coca-Cola da riadattare a giocatolo per fare le bolle di sapone… e non finisce qui: non mi farò mancare la Coca-Cola in viaggio, la offrirò come digestivo, ne ‘assumerò’ in dosi moderate per allietare qualche mia serata.

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