Numerosi sono gli studi sui problemi cardiaci pubblicati sulle riviste mediche ufficiali e molti sono i media che danno grande risonanza alle indagini su questo particolare disease.
La cause possono essere ricercate nella diffusione dell’infarto che, drammaticamente, colpisce non solo persone anziane oppure nella scarsa conoscenza dei sintomi che, se sottovalutati, complicano notevolmente il lavoro dei medici.
Da qui la necessità di studi e ricerche continue per prevenire le complicazioni o i decessi.

In alcuni casi, però, le indagini sembrano non coincidere tra loro e arrivare a conclusioni opposte, chiaro segno delle molte sfaccettature dalle quali i problemi cardiaci possono essere analizzati.

Il 10 febbraio quotidiano sanità ha divulgato una ricerca pubblicata su The Lancet, una tra le principali riviste internazionali mediche specializzate, che suggerisce che l’infarto avrebbe una maggiore incidenza negli uomini. Sebbene l’infarto sia una delle principali cause di morte sia per gli uomini che le donne, due pazienti su tre che vanno incontro a problemi cardiaci sono maschi.
I ricercatori dell’Università di Ballarat in Australia e di quella di Leicester in Gran Bretagna hanno infatti osservato che gli uomini che posseggono una certa variante del cromosoma Y presentano il 50% di possibilità in più di sviluppare una patologia cardiaca.

Adriana Bazzi dalle pagine del Corriere del 29 febbraio riporta invece lo studio di Jama, la rivista dell’associazione dei medici americani, che dopo aver analizzato oltre un milione di casi del National Registry of Myocardial Infarction ha dimostrato che l’età media delle donne ricoverate per un attacco cardiaco era più avanzata rispetto a quella degli uomini (74 anni contro 67) e che il 42 per cento delle donne non presentava dolore, a fronte di un 31 per cento fra gli uomini.
Complessivamente circa il 15 per cento di donne era morto in ospedale, mentre la percentuale scendeva al 10 per gli uomini.

Sul piatto della bilancia reputazionale mettiamo da una parte la rivista medica“The Lancet” e il team di ricercatori dell’Università di Ballarat e di Leicester che hanno condotto l’indagine. Dall’altra gli asset reputazionali di Jama, la testata dell’associazione dei medici americani e la Watson Clinic di Lakeland, uno degli istituti autori dello studio.
Quindi, rischiano di più le donne o gli uomini? Ai posteri l’ardua sentenza.

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