Ignazio Marino e la droga che fa bene: dichiarazioni in leggerezza e la reputazione si appesantisce
E’ bastata una dichiarazione rilasciata dal sindaco di Roma Ignazio Marino alla trasmissione radiofonica “Un giorno da pecora” su Radio2 per innalzare un polverone mediatico, che ha rischiato di seppellirlo. Il politico ha parlato della droga, ne ha decantato l’incredibile fascino sugli uomini e ha preso come esempio un idolo della musica mondiale, celebre utilizzatore di droghe, per ribadire quell’attrazione fatale che esse hanno sull’uomo, in certi casi motivato dalla grandezza delle figure che ne fanno uso.
“Sono fortemente attratto da qualsiasi sostanza stupefacente, ma non ne ho mai utilizzata nessuna perché ho paura da un punto di vista medico… Quando abbiamo avuto in città i Rolling Stones, vedendo il batterista a quasi 75 anni suonare senza interruzione con un’energia incredibile diventa poi difficile spiegare ai tuoi figli che non devono utilizzare sostanze…”
Le parole escono generose dalle bocche degli uomini pubblici che spesso sembrano non considerarne il peso. La prima frase, se potessimo pesarla, rasenterebbe i quintali. Ignazio Marino, parafrasando, dice: la droga è attraente ma, essendo medico, l’ho sempre evitata. Eppure basta guardare l’energia del settantacinquenne batterista dei Rolling Stones per essere incapaci a dire ai propri figli che drogarsi non è una buona idea.
Un momento delicato per il sindaco, che aveva appena annunciato la sua possibile ricandidatura e aveva accettato di intervenire per discutere dei Fori Imperiali, del progetto del taxi unico e dei provvedimenti in materia di sicurezza a Roma. Forse la trasmissione eserciterà un certo fascino, dato che in una puntata precedente un altro grande della nostra televisione, Paolo Bonolis, aveva parlato di droga, questa volta per confessare un episodio giovanile da cui trarre un insegnamento per la vita.
Le reazioni sono state violentissime; si sono abbattute piogge di critiche, su Twitter sotto l’hashtag dedicatogli #marinodimettiti e su Facebook attraverso interventi come quello di Giorgia Meloni, che ha invitato il primo cittadino della capitale a raccontare al proprio figlio di “Kurt Kobain, che si e’ sparato in faccia a 27 anni, o di Jimi Hendrix e Janis Joplin, morti di overdose sempre a 27 anni. Racconta a tuo figlio che la droga non produce talento, lo uccide. Esattamente come la superficialità per un politico. Non produce consenso, lo uccide”. Lo staff personale ha visto bene di replicare in questo modo: “Marino ha salvato tante vite umane, anche di tossicodipendenti”. Di male in peggio; come dire: chi è cascato nel vortice della droga sa che il sindaco di Roma, che ne ha appena rilevato il fascino irresistibile, è un buon medico.
Una cosa è certa, Ignazio Marino, il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, il Presidente della FIGC Carlo Tavecchio e perfino uno sconosciuto marchio di moda nella propria campagna pubblicitaria si sono espressi così, come si può parlare al Bar sport, dimenticandosi drammaticamente di quello che diceva il filosofo Gorgia: “la parola è un gran signore, che con piccolissimo corpo e del tutto invisibile, sa compiere divinissime cose.” Quella che è stata definita da tutti i giornali una gaffe imbarazzante e che alcuni hanno voluto mascherare sotto il velo del tono ironico del sindaco di Roma, suggerisce almeno un grande tema su cui riflettere.
Ma gli algoritmi di Google valorizzeranno mai pensieri e parole di valore? E chi ricopre ruoli istituzionali, quanto è consapevole della serie infinita di effetti a catena che ogni singola parola può innescare, e quanto di questa eventuale consapevolezza diventa malizia?