Quando il mondo creativo della pubblicità si mescola con quello delle buone e caritatevoli intenzioni della beneficienza, le vie che appaiono all’orizzonte sono due: o si raggiunge la gloria eterna oppure si palesa un disastro, annunciato.
Ma da cosa nascono questi due ossimori? Com’è possibile che una tipologia di comunicazione pensata appositamente per buone cause, che vada a stringere soprattutto il cuore delle persone, ma anche il portafoglio, possa assumere risvolti tanto positivi quanto estremamente tragici?
Bisognerebbe chiederlo a Chiara Ferragni, che improvvisamente ha visto il suo magico mondo fatto di adulazione delle masse e sponsorizzazioni travolto da un potenziale scandalo, che le testate giornalistiche hanno già ribattezzato “il caso Pandoro”.
Ma di cosa si tratta? E perché sta facendo tremare le fondamenta di City Life?
Tutto ha inizio a novembre 2022 quando sugli scaffali dei principali supermercati italiani appare la limited edition pandoro dell’industria dolciaria Balocco S.p.A. (185 milioni di € di fatturato nel 2021). Il dolce natalizio è contenuto all’interno di un’inconsueta confezione rosa, colore atipico e in palese contrasto con il rosso predominante del periodo delle feste, così come la “mamma Natale” bionda raffigurata che ha preso in prestito la slitta con le renne dal polo nord; ma la firma dell’ormai iconico occhio azzurro e l’hashtag #pinkchristmas mostra a tutti l’evidente collaborazione con la regina italiana dei social.
Chiara Ferragni è diventata infatti portavoce di un progetto di tutto onore e rispetto, l’iniziativa a scopo benefico “Chiara Ferragni e Balocco insieme per l’Ospedale Regina Margherita di Torino” a favore della ricerca sull’osteosarcoma e sul sarcoma di Erwing, gravi malattie che vanno a colpire principalmente bambini e adolescenti. L’influencer ha prestato così la sua potente rilevanza mediatica, che parte dall’universo dei social media e va ad espandersi nel resto del mondo, attraverso la condivisione massiva di contenuti pubblicitari, che inizialmente si limitavano a stories di amici e parenti, fino ad arrivare alle persone comuni che avevano effettuato l’acquisto convinte di partecipare, nel loro piccolo, a qualcosa di molto onorevole.
Inizialmente fu ampiamente apprezzato questo idillio benefico ma, a seguito di molteplici segnalazioni da parte dei consumatori, di cui si è fatto carico il Codacons, nelle scorse settimane l’AGCM, ovvero l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, insieme al Nucleo Speciale dell’Antitrust della Guardia di Finanza, ha aperto un’istruttoria nei confronti di Balocco e Chiara Ferragni per quella che viene definita, in termini di diritto pubblicitario, una “presunta pratica commerciale scorretta”. L’inghippo consiste nel fatto che, da quanto emerso dai dovuti accertamenti dell’Antitrust, le parti coinvolte avrebbero preventivamente stabilito una cifra da devolvere all’Ospedale Regina Margherita, cifra che risultava essere fissa e perciò indipendente dall’andamento delle vendite effettive del pandoro.
Il consumatore, perciò, veniva tratto in inganno poiché, a causa del messaggio lanciato nella promozione e della terminologia studiata per far leva sui più dolci e umani sentimenti, si convinceva che acquistando questa limited edition firmata CF, una percentuale del prezzo pagato andasse a contribuire direttamente all’acquisto di macchinari di ultima generazione per i giovani malati.
Le accuse che vengono quindi mosse nei confronti delle parti coinvolte, la cui reputazione ne risulterebbe assai lesa, sono quelle di scarsa trasparenza dell’iniziativa in sé, della comunicazione effettuata e del concreto utilizzo dei fondi così raccolti e, nel caso in cui l’AGCM dovesse raccogliere prove sufficienti, potrebbe avviare azioni legali nei confronti di Balocco e Chiara Ferragni.
Ma perché il Codacons non ci ha pensato due volte ad entrare a gamba tesa in una situazione dove la totale assenza di chiarezza la faceva da padrone?
È notoriamente risaputo che il Codacons non si è mai fatto problemi ad intromettersi in occasioni di potenziale scandalo, soprattutto quando di mezzo ci sono pezzi grossi e, in Italia, non c’è nome più allentante e imponente, dall’alto dei suoi 29,4 milioni di follower, di quello di Chiara Ferragni. Molti direbbero che ha interesse a farsi sentire semplicemente per il suo accanimento al limite del fanatismo nei confronti dei Ferragnez, che durante il primo lockdown del 2020 ha quasi provocato un esaurimento ad un Fedez visibilmente stremato dalle continue accuse e minacce di querele per una raccolta fondi a favore del San Raffaele di Milano; Codacons che aveva in precedenza accusato anche la consorte stessa di blasfemia solo per il fatto di essere stata rappresentata come una moderna Madonna.
Ma la spiegazione potrebbe essere un po’ più artificiosa e meno banale di quanto sembri, in quanto legata ad una questione di puro ritorno di immagine, e quindi di reputazione.
Il Codacons, infatti, come stabilito dal suo statuto, è un’associazione autonoma senza fini di lucro che nasce nel 1986 con la prerogativa di difendere l’ambiente e i consumatori che vedono un proprio diritto leso. In quanto associazione autonoma, con i propri associati e la propria organizzazione, deve anche auto sostenersi poiché non riceve alcun finanziamento da parte dello Stato e, per farlo, si finanzia seguendo diverse modalità, tra cui le quote di iscrizione dei cittadini, il 5Xmille, le donazioni di privati e gli incassi delle multe dell’Antitrust.
È chiaro che, vista sotto quest’ottica e considerata la capacità di Chiara Ferragni di tramutare in oro tutto ciò che sfiora, il Codacons ha tutto l’interesse di questo mondo di raccogliere le segnalazioni dei consumatori e consegnare un ricco fascicolo all’AGCM poiché, oltre a fare semplicemente il lavoro per cui è stata creato, la viralità che circonda Chiara Ferragni si riverbera inevitabilmente sull’associazione che appare così sulle più importanti testate nazionali come la paladina per la difesa dei diritti dei consumatori, soprattutto se questi sono potenzialmente vittime di una delle più grandi aziende dolciarie del paese e dell’influencer per eccellenza.
In questo schema subentra però, a completare l’intero quadro della situazione, un presidio ospedaliero di fama nazionale specializzato nella cura infantile che, improvvisamente, si trova nella terra di nessuno circondato da due fuochi: da una parte il mondo intero dei social, e non, che chiede spiegazioni, dall’altra Balocco e Ferragni asserragliati nel loro aureo silenzio.
L’ospedale Regina Margherita non ha alcuna colpa se non quella di aver seguito per filo e per segno la medesima logica che sta alla base del ragionamento del Codacons, ovvero “associando il mio nome a Chiara Ferragni e Balocco, il pandoro diventerà virale, tutti lo vorranno e la raccolta fondi andrà alle stelle”.
Ciò che non risulta essere molto chiaro, a tutti a quanto pare, è la mancanza di coerenza tra la comunicazione, fatta di adv e stories, per promuovere la raccolta fondi e la raccolta fondi stessa che, di fatto, non esiste.
La giornalista Selvaggia Lucarelli, che già a dicembre 2022 è stata, tanto per cambiare, ampiamente criticata per aver giustamente sollevato dubbi e critiche nei confronti di una campagna pubblicitaria dai loschi tratti, è stata la prima ad accorgersi che vi era una grave mancanza di segnalazione delle percentuali, ovvero nessuno sapeva quanto di quello guadagnato dalla vendita dei pandori sarebbe stato effettivamente devoluto alla causa e quanto invece sarebbe rimasto all’azienda. Tale carenza l’ha portato a sollevare la cornetta del telefono e ad insistere nel ricercare una delucidazione da parte dell’ufficio stampa di Balocco che ha come di seguito dichiarato:
“Non c’è una diretta proporzione tra il numero di pandori venduti e la quota che viene destinata al progetto. Ferragni e Balocco hanno deciso insieme il destinatario della donazione e Balocco ha fatto una donazione al Regina Margherita. Poi detta tra noi si è voluto sottolineare la sinergia di intenti tra i due soggetti ma a tutti gli effetti è una donazione di Balocco”.
Donazione di cui, per pura ammissione dell’ufficio stampa di Balocco, nemmeno a loro è dato a sapere a quanto ammonti, ma che era noto che a dicembre 2022 fosse già avvenuta.
Ovviamente, da quanto si poteva dedurre dai continui #adv, Chiara Ferragni non ha promosso questa attività gratuitamente, cosa che invece ci si sarebbe aspettati da un personaggio del suo calibro poiché, quando Lucarelli ha chiesto informazioni circa la sinergia evidente tra le due parti ha scoperto che: “Chiara Ferragni ha un suo compenso da Balocco, è un progetto commerciale, poi se lei nel privato ha donato qualcosa non lo so”.
Tutto ciò risulta essere fin troppo opaco, così come lo sono le conoscenze in merito da parte del team di comunicazione dell’ospedale Regina Margherita: contattato telefonicamente Pierpaolo Brera, ufficio stampa dell’ospedale, ha ammesso a Selvaggia Lucarelli che l’iniziativa era stata gestita dal punto di vista mediatico esclusivamente da Balocco stessa e che personalmente reputava la donazione legata alla raccolta dei soldi derivati dalla vendita del pandoro e perciò era impossibile stabilire a priori a quanto ammontasse. Di fronte alla cruda realtà dei fatti mostratagli dalla giornalista, però, ha reindirizzato quest’ultima alla dottoressa Franca Fagioli, che è stata definita “la factotum del Regina Margherita”, la quale incalzata ha affermato che:
“La donazione non è ancora avvenuta perché riceveremo la cifra alla fine di questa campagna di raccolta fondi con la vendita di questo pandoro (…) sì, prima vendono e poi mi donano”.
Infine, ciò che già nel periodo natalizio aveva destato scalpore, oltre al prezzo considerato esorbitante (12,29€) per quello che alla fine era un semplice pandoro commerciale come tutti gli altri, fatta eccezione per lo zucchero a velo rosa, è stata la mancanza di comunicazione da parte di Chiara Ferragni nei confronti di quello che nel tempo è diventato via via sempre di più un numero elevato di consumatori che hanno preso d’assalto le pagine social della diretta interessata e che, tutt’ora, chiedono a gran voce spiegazioni e una maggiore chiarezza su temi, come ad esempio quale sia stato alla fine l’ammontare devoluto in beneficienza, di cui, di fatto, non ve n’è stata e che un semplice e innocuo comunicato stampa potrebbe portare.
Per ora l’unica reazione che sono riusciti ad ottenere è stata quella della non risposta di Chiara Ferragni che, in merito alla questione, ha preferito mantenere il massimo riserbo; tale silenzio è stato però portato agli estremi con una mossa non troppo corretta nei confronti dei suoi milioni di followers, ovvero di blocco dei commenti riguardanti la questione e di blocco della parola “Balocco” sul suo profilo di Instagram. Ciò non ha fatto altro che far divampare ancor di più l’incendio, andando ad intaccare ulteriormente la sua reputazione, tanto che il popolo di internet non solo non si è limitato a lasciar perdere di fronte a queste misure di veto (sentiti libera? Sì, ma di non criticare), ma ha anche inventato degli stratagemmi per parlare liberamente, tra questi quello, si fa per ridere, di censurare la parola Balocco come segue, ovvero “Bal@cc@”, per scampare al severo algoritmo di Instagram.
Più inflessibile dell’algoritmo di Instagram, però, vi è solo l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che ha deciso di estendere alla società Fenice S.r.l. e TBS Crew S.r.l., entrambe riconducibili a Chiara Ferragni, l’istruttoria per pratica commerciale scorretta in questione e nella mattinata di oggi, mercoledì 19 luglio, i funzionari dell’AGCM, sempre in collaborazione con il Nucleo Speciale dell’Antitrust della Guardia di Finanza, hanno svolto delle ispezioni nelle sedi delle società.
Ora, questa situazione è ancora tutta in divenire, solo le accurate indagini di chi di dovere sapranno stabilire cosa effettivamente sia andato storto nella campagna di beneficienza, ma sta di fatto che le misure adottate di fronte alle critiche, ovvero la totale mancanza di comunicazione nei confronti delle persone comuni, non può far altro che accrescere le polemiche e gettare ulteriore benzina sul fuoco.