50 bottiglie di plastica per un trolley!

E’ la nuova iniziativa ecofriendly firmata Carpisa che ha lanciato sul mercato un set di valigie realizzate con l’utilizzo di bottiglie di plastica riciclata, portando avanti così la sua Green Revolution, come racconta Raffaele Carlino, presidente dell’azienda, iniziata già nel 2010 con il lancio in tutti i suoi negozi nel mondo del così detto “baratto” tra le vecchie valigie e le nuove per consentire il riciclaggio dei diversi materiali. Che il filone ecologico sia da tempo un ottimo volano per garantire la buona reputazione di un’azienda è innegabile e infatti sono sempre più numerosi i brand che si sono resi conto di quanto inquinare non sia fashion e che si sono quindi impegnati per dare vita  ad una moda più sostenibile. Zara, H&M, Mango, Levi’s, Benetton, Victoria’s Secret, Nike, per citarne alcuni, aderiscono alla campagna Detox di Greenpeace, per ridurre il proprio impatto sull’ambiente, garantendo la sostenibilità in tutti i processi di sviluppo del prodotto. Eco è cool quindi, la “moda tossica non va di moda”, come confermano i diversi brand che hanno concretizzato l’impegno verso l’ambiente, lanciando capsule collection ecosostenibili. E se la sostenibilità sembra essere diventata un trend e decisamente la sfida dei nostri tempi, risulta difficile credere che tutto il mondo del fashion abbia improvvisamente sviluppato una spiccata sensibilità verso la tematica green.

A voler ben guardare, forse, è più credibile pensare che la  grande eco mediatica che negli ultimi anni viene riservata alla salvaguardia dell’ambiente influenzi non poco le scelte dei grandi colossi, anche nella moda. E questo per un duplice motivo;  da un lato perché ormai, grazie al web, le notizie viaggiano veloci, nel bene e nel male, e non ci si può più permettere atteggiamenti che non siano “politically correct”, dall’altro perché è innegabile che lo spazio che i principali media riservano alle iniziative ecofriendly è in forte ascesa rispetto ad un tempo e diventa quindi fondamentale occuparsene in una logica di brand reputation. E ne è un esempio il crescente interesse che blog e social network hanno mostrato verso la green communication, come afferma il rapporto Social Media Sustinability Index di SMI ; nell’arco di poco tempo, le grandi aziende che gestivano canali social dedicati alla sostenibilità sono passate da 60 a 176 e nel mentre sono nati 60 blog o magazine dedicati al green. Un forte segnale che si è compresa l’importanza di uno storytelling efficace, coinvolgente e soprattutto credibile per i nuovi moderni consumatori attivi sulla rete.

Ormai avere un prodotto green equivale ad ottenere una sorta di certificazione per un marchio e a far aumentare le occasioni per fare parlare di se ’ e del proprio brand. In quest’ottica, dunque, il valore aggiunto non è più solamente produrre una linea ecologica, bensì saper costruire un’interessante attività di story telling, appealing sia per i media sia per il grande pubblico. Ed è proprio questo il merito che va riconosciuto al management dell’azienda napoletana Carpisa che ha avuto la capacità di aver girato a proprio vantaggio quello che è universalmente noto come un punto di debolezza della propria città d’origine, la spazzatura, e di averlo trasformato non solo in un prodotto ma in un intero progetto. Peccato la poca risonanza della notizia sui social network, visto che ne’ Facebook ne’ Twitter hanno registrato un seguito interessante, nonostante l’azienda abbia cercato di dare risalto al progetto su entrambi i fronti.

La moda etica è ormai un settore in espansione da oltre 10 anni e del resto il rapporto con l’ambiente e le tematiche ecosostenibili rappresentano una strada particolarmente funzionale per avvicinarsi maggiormente ad un target sempre più numeroso di consumatori attenti, responsabili e particolarmente esigenti e selettivi. Certo non è sufficiente però lanciare delle capsule collection o sposare delle iniziative eco friendly per potersi definire un’azienda green e per lavorare in maniera costruttiva sulla propria corporate reputation ed evidentemente per le aziende italiane (e non solo del settore fashion) la strada in questa direzione è ancora lunga, come conferma la classifica “Globalcom 100 Most Suistanible Corporations in the world”, dove nessuna azienda è presente tra le 100 più “virtuose”. Negli anni passati l’unica società del Bel Paese è stata Intesa Sanpaolo che nel 2011occupava il 73esimo posto e nel 2012 il 96 esimo. Decisamente meglio le performance del Canada e degli Stati Uniti,con 10 aziende su 100, e per l’Europa di Francia e Gran Bretagna con 9 aziende a testa in classifica.

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