Bloomberg, stratega del consenso, pesta ai piedi al cartello della ‘soda’.
The ‘nanny’ Bloomberg, come viene soprannominato il sindaco di New York per l’atteggiamento paternalistico e la vocazione ad ‘accudire’ la salute dei cittadini, non ha perso occasione per mettere a segno un altro colpo nella sua strategia di mantenimento del consenso popolare a discapito degli interessi dei cartelli industriali americani. Una strategia che già in passato ha visto il sindaco newyorkese scontrarsi con le lobby dell’industria, diventando l’incarnazione mediatica della coscienza cittadina in fatto di salute e qualità della vita. Ma scontentando anche qualcuno. Motivo della protesta più recente, che vede in prima linea i produttori di sotf drinks, sono una serie di misure restrittive proposte dal primo cittadino nei confronti della vendita di bibite gassate e zuccherine in formato extra-large, nell’ambito dell’ormai nota battaglia del sindaco contro l’obesità.
Il provvedimento proposto da Bloomberg e attualmente al vaglio della New York City Board of Health (che lo voterà a settembre 2012),  interesserà bibite gassate e zuccherate, tè e caffè freddi, energy e sport drinks e bevande alla frutta servite in bar, ristoranti, fast food, distributori automatici, cinema, teatri, chioschi stradali, arene sportive e luoghi pubblici. Se il provvedimento verrà approvato, entrerà in vigore dopo il mese di marzo 2013 per dare tempo ai produttori di ritirare dal mercato qualunque confezione che superi le 16 once (mezzo litro), pena una multa da 200 dollari. Solo le bevande light a zero calorie in confezioni da 25 cc (8 once), i succhi di frutta e le bibite a base di latte non dovranno ridurre le porzioni e
solo discount e supermercati potranno continuare a vendere bottiglie e lattine maxi.

Ed è subito polemica, come racconta Usa Today. Ad insorgere in primis è, ovviamente, il cartello dei produttori di bevande gassate: le principali aziende dell’industria nazionale dei soft drinks, riunite nella  New York City Beverage Association, stanno guidando (e finanziando) una campagna ‘contro’ i provvedimenti di Bloomberg. Centinaia di produttori e venditori di bevande analcoliche, tra cui anche le ‘grandi’ come Coca Cola e Pepsi, gruppi commerciali e anche l’Associazione Nazionale dei Proprietari di Teatri, uniti nella coalizione New Yorkers for Beverage Choices, stanno scatenando una vera e propria ‘battaglia’ a colpi di PR.
La pagina Facebook di New Yorkers for Beverage Choices  ha in un solo mese raccolto 3.000 ‘amici’; il sito dedicato oltre 90.000 adesioni e, in occasione del 4 luglio impazzava sui social un contest beffardo che invitava gli americani ad abbuffarsi di hot dog. E poi i mezzi di comunicazione ‘tradizionali’: annunci radio da 1 minuto ricordano agli americani la loro ‘libertà’ di scegliere, di tifare per gli Yankees o per i Mets, di vivere in qualunque quartiere vogliano, di acquistare bevande supersize; aerei promozionali sorvolano i cieli newyorkesi sventolando banner con il messaggio ‘No drinks for u!’. E una petizione, strumento più tradizionale che mai per dare voce ai cittadini, è stata firmata da più di 60.000 persone.
Ma attenzione, questo approccio aggressivo e battagliero della campagna contro Bloomberg,  con anche l’associazione dei prodotti a messaggi di ‘piacere e felicità’ , corre il rischio di diventare un boomerang per le aziende che lo promuovono, tacciate di essere ‘leggere’ e ‘ostili’. Questo il pensiero di Tom Pirko, presidente di Bevmark – società di consulenza del management specializzata nel settore food &beverage.

Una battaglia che si combatte dalle strade alle stanze del potere, con Bloomberg che non perde occasione pubblica e mediatica per ‘accendere i riflettori’ sulla questione (e sulla sua reputazione personale), diffondendo chilometrici comunicati stampa in cui raccoglie decine e decine di ‘statement’ da parte di esponenti della comunità scientifica,  associazioni, operatori del mondo scolastico, esperti di qualsivoglia tipo, gente comune e celebrities (come Spike Lee)  a supporto di questa proposta di legge che dovrebbe frenare l’aumento del tasso di obesità dei cittadini americani e preservare la loro salute…o limitarne irrimediabilmente la libertà di scelta e di libero arbitrio secondo altri.  Ma come ribatte Bloomberg, “That’s not exactly taking away your freedoms. It’s not something that the Founding Fathers fought for.” (“Non è esattamente togliere delle libertà. Non si tratta di qualcosa per cui i Padri Fondatori hanno combattuto”).
Questione di punti di vista e, certo, di reputazione messa in campo: una mobilitazione generale di opinioni, azione e reazioni che vede il sindaco assoluto protagonista della scena mediatica, come nelle sue precedenti battaglie salutiste (come quelle contro il fumo e i grassi saturi) che lo hanno incoronato ‘difensore’ e tutore della salute della Grande Mela…anche contro gli interessi economici.

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