Se i dieci uomini e le dieci donne più ricche del mondo della classifica di Forbes, spendessero tutti i loro patrimoni non arriveremmo che a 700 miliardi, mentre è di ben 860 miliardi di euro la cifra spesa dai consumatori di alta gamma solo nel 2016.
Sono, infatti, 415 milioni le persone nel mondo che prediligono l’acquisto di beni di lusso: numeri che fanno venire l’acquolina in bocca a qualsiasi impresa del segmento e non.
Un mercato interessante quello del True – Luxury, che nonostante il rallentamento rispetto ai precedenti anni, è riuscito a crescere di quasi 7 punti percentuali grazie alla parte più alta della piramide del mercato, costituita da Cina e USA.
Questa frenata sembra essere causata dalla scelta cinese di ripiegare sul mercato locale, ma anche dalla mancanza di innovazione e, nella maggior parte dei casi, dal disallineamento percepito nel rapporto qualità – prezzo di un prodotto: il 58% degli americani e il 55% di tutti i Millennials sente, infatti, un progressivo allontanamento tra il costo effettivo del bene e la percezione del suo valore.
Altro fattore importante è costituito dalla perdita di esclusività legata ad un brand o ad un suo prodotto.
Queste, forse, le necessità che hanno spinto il mercato del lusso verso una personalizzazione sempre maggiore di servizi, capi, accessori.
Per fare la differenza per le aziende italiane hanno investito molto su PR e digital PR, innovazione e CSR. Un esempio di eccellenza è il brand Bruno Cucinelli, casa di moda italiana nota per la produzione di maglieria pregiata in cashmere. La sua reputazione e gli utili sono il grande risultato raggiunto investendo su una strategia comunicativa che parte dall’interno, dai dipendenti, potenziali ambassador, e si sviluppa attraverso le best practices della comunicazione off e on line.
Tra i fattori che incidono sull’acquisto, non bisogna sottovalutare la multicanalità. Oramai, infatti, le vendite imputabili ad un negozio fisico sono in diminuzione, eppure, quando il consumatore trova riscontro nella coerenza dell’immagine del brand, nei servizi integrati per la consegna e nel riconoscimento del proprio status di cliente privilegiato, allora l’acquisto ha luogo. In quest’ottica diventa fondamentale una comunicazione integrata su più canali, veicoli diversi che raggiungano target diversi consegnando un unico, coerente messaggio.
In questo, uno dei mezzi più efficaci a disposizione dei brand è il passaparola, o word of mouth.
Ecco perché la leva su cui spingere sono i social media: canali di interazione disintermediata con attuali e futuri clienti, che permettono una customizzazione del contenuto e favoriscono il confronto. Le cifre parlano chiaro in questo senso, il 77% dei Millennials, il 72% dei membri della generazione X e il 53% di quelli della baby boomer si servono dei social media per dialogare con i brands di lusso. Certo, se ci si sposta negli USA la percentuale sale a 82, e in Cina, addirittura il 78% della popolazione preferisce usare Facebook o Instagram piuttosto che l’email reimpostata della sezione “contattaci” dei siti web aziendali.
I social media, infatti, sono molto utili per gestire la dedizione dei consumatori verso i brand (più del 40% delle interazioni tra brands e consumatori avviene su Facebook, a seguire YouTube, Instagram e Twitter), soprattutto le aziende del lusso, che possono vantare i consumatori più fedeli e l’engagement più alto verso il proprio marchio. Per il True – Luxury, quindi, la partecipazione, con una voce ufficiale e controllata, alla conversazione generata autonomamente dagli utenti diventa una necessità. Insomma, non usare i social media da parte delle aziende del lusso, significherebbe perdere un’ulteriore occasione per ispirare passione, verso il marchio, e desiderio, verso il prodotto di alta gamma.