Trasformare un censimento in un’azione pr. E’ questo quanto è stato fatto dal management dello Zoo di Londra che, per la prima volta, in occasione dell’annuale appuntamento con il censimento degli animali ha scelto di coinvolgere anche la stampa.
Ecco dunque che il più antico zoo del mondo ha aperto i battenti a giornalisti e fotografi, regalando un’ampia risonanza mediatica alla tradizionale attività di conta degli animali che ogni anno coinvolge gli addetti ai lavori. Un lavoro tutt’altro che semplice,  dato che nel parco londinese  vi sono circa 18 mila esemplari di cui attualmente si contano 750 specie differenti da etichettare: mammiferi, insetti, rettili, uccelli, pesci, anfibi, invertebrati. Nessuno esente dal conteggio che permette di tener sotto controllo soprattutto la riproduzione di specie in via d’estinzione e di raccogliere una mole davvero considerevole di dati per l’archivio dell’International Species Information System, in cui vengono incrociate le informazioni ricavate anche da altri zoo.
Certo non è la catalogazione dello zoo a fare notizia, bensì la scelta del management di sfruttare le potenzialità di quest’attività, trasformando la tradizionale conta degli animali in una leva di comunicazione capace di mettere in evidenza l’impegno della struttura nei confronti dei suoi “ospiti”.
E in un momento in cui si fa un gran parlare di eco business e in cui la sostenibilità ambientale sta diventando un tema più che mai sentito, aprire le porte dello zoo alla stampa per mostrare il proprio impegno nei confronti delle specie animali che vi risiedono è stata una mossa vincente, visto il picco di visibilità che il bioparco londinese ha ottenuto sui principali media internazionali e sul web (sono quasi 20.000 i like raggiunti dalla pagina FB dello zoo di Londra).

Ultimamente lo spirito animalista è salito spesso agli onori della cronaca, come dimostra anche in Italia la vicenda legata a Gardaland e alla decisione di chiudere il Palablu. Da quest’anno, infatti, il primo grande parco di divertimenti italiano dirà addio al delfinario e non certo per una logica economica bensì di marketing. La decisione è stata presa dalla società inglese proprietaria della struttura – Merlin Entertainments – che ha scelto di sacrificare  la tanto amata attrazione e dunque parte del proprio business (parliamo di una media di 750.000 spettatori a stagione) optando per una operazione di marketing a favore della propria immagine e reputazione ecologista. La  multinazionale inglese è da sempre particolarmente attiva sul fronte della salvaguardia ambientale, ed in particolare nel promuovere il rispetto per gli abitanti del mare, per cui l’attività con i delfini stava diventando difficile da “giustificare”, soprattutto alla luce della sempre più consolidata e diffusa sensibilità animalista ed ambientalista e alle recenti critiche rivolte a Gardaland dalla Lega antivivisezione.

Potremmo quindi affermare che nella secolare lotta tra business e building reputation sarà quest’ultima ad avere la meglio?
Certo volendo fare uno step in più ci si rende presto conto che la  società inglese non è una principiante che muove i primi passi nel mondo del business ed è evidente che avrà sicuramente saputo fare bene i propri conti, favorendo le dinamiche del marketing/comunicazione a discapito di quelle economiche.
La Merlin Entertainments ha scelto di lavorare secondo una logica “prospettica”, meno immediata, dove la propria reputation diventerà il primo strumento di guadagno che porterà alla società un ritorno di immagine di gran lunga superiore  rispetto alle perdite degli introiti dello spettacolo dei delfini.

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