Premesso che sparare sulla croce rossa non è esercizio che mi si addice, in questo post voglio analizzare i recenti fatti che hanno visto protagonista Alitalia, conscio che alcuni professionisti –e mi rivolgo anche al team di comunicazione e di relazioni esterne di Alitalia- concorderanno con quanto scrivo, altri meno.
Partiamo dalla cronaca, che racconta di un aereo finito fuori pista nella notte dello scorso 2 febbraio e chiediamoci se, dalla semplice analisi dei fatti, fosse possibile prevedere con anticipo lo scenario di crisi che si è delineato. E ancora, la rimozione del logo Alitalia dalla carcassa dell’aereo ha interferito sull’attenzione che media -e opinione pubblica- hanno dedicato alla vicenda? A parer mio si, ma se è vero che per gli addetti ai lavori la cancellazione della livrea aziendale dall’aereomobile incidentato è pratica nota, qual è l’errore sotto il profilo della gestione della comunicazione? Come può una “prassi” diventare una notizia?
In questo caso è “bastato” che una prassi, arcinota tra gli addetti ai lavori, fosse una novità per i media, che la stessa prassi si prestasse particolarmente ad essere rappresentata con semplici immagini –utilizzate dai media e oggetto di condivisione sui social network in una logica virale-, e che la medesima si prestasse perfettamente per colmare il vuoto lasciato, nello “storytelling mediatico del giorno dopo”, dal sangue -che grazie al cielo- non c’è stato.
L’incidente ha infatti causato feriti e ritardi, ma non ci sono stati i decessi, come invece accadde in una vicenda dai contorni simili accaduta qualche anno fa a Genova. Potrei sbagliarmi nella cronaca, ma era il 25 febbraio del 1999 quando un Dornier 328 con livrea Alitalia -volo operato da Minerva Airlines- finì fuori pista, in un aeroporto, come quello di Genova, praticamente affacciato sul mare. Il bilancio fu di 4 morti e decine di feriti e un “fuori pista”, ma nessun media prestò attenzione al telo che immediatamente coprì la coda e la livrea dell’aereomobile, perché era giornalisticamente più rilevante raccontare gli altri infausti accadimenti in corso. Ai tempi Mark Elliott Zuckerberg aveva appena 15 anni, i social media come facebook e twitter non avevano ancora visto la luce quindi i giornali, il giorno dopo, “bucarono” la notizia della livrea.
Credo di aver tenuto alcuni articoli con le foto dell’aereo “imbragato” -certamente li troverò nei miei archivi- perché ai tempi la cosa mi incuriosì, così feci alcune verifiche su questo “comportamento di copertura” scoprendo che è una procedura che deriva dai primi antesignani manuali di crisis prevention (e crisis preparedness guidelines del settore del trasporto aereo). Ed anche se tutti i professionisti della comunicazione di crisi devono ringraziare chi li scrisse -perché hanno di fatto creato le premesse per la diffusione di una maggiore cultura sul crisis communication management-, allo stesso modo devono anche ricordare che la comunicazione di crisi non può essere cristallizzata, ancor una volta, nella prassi. Ecco allora che l’errore del team Alitalia è stato affidarsi con eccessivo zelo a delle linee guida, la cui applicazione, oggi, non può prescindere da una buona dose di riadattamento a tempi e alla analisi della situazione contingente.
Riassumendo coprire/offuscare la livrea era prassi negli anni 60 perché permetteva di smorzare l’associazione tra “aereo” e “incidente”, in una società in cui cui prendere l’aereo era, nell’immaginario collettivo, impresa rischiosa oltre che estremamente elitaria. Coprire il brand post incidente era un modo per evitare il “bridge” aereo = mezzo di trasporto pericoloso verso potenziali viaggiatori/consumatori, molto spesso spaventati da questo nuovo modo spostarsi, e poco informati sugli altissimi livelli di sicurezza e sulle procedure che si celano dietro a questo fantastico mondo.
Tornando ai giorni nostri, mi permetto solo di aggiungere che varrebbe la pena riflettere sul potenziale danno ai valori reputazionali che portano questi episodi, e sull’importanza che in questa fase hanno gli investimenti per rafforzare/ripristinare la percezione che l’opinione pubblica ha del brand.
Mi aspetto perciò un forte investimento su questo fronte, una minor attenzione ai decori aziendali -che, seppur importanti, non rispondono certo allo storytelling atteso da opinion maker e opinion leader- e una profonda riflessione sulle modalità con cui proteggere e rilanciare la reputazione di un brand storico, a partire dalle dichiarazioni del direttore operativo di Alitalia, Giancarlo Schisano -Si tratta di una prassi che normalmente si usa quando succedono questi eventi. Per un normale motivo di decoro aziendale è prassi cancellare la livrea, ed a maggior ragione in questo caso, per un aereo non di Alitalia- e dalla rimozione (questa volta, ahimè mancata) del comunicato stampa che campeggia sul sito di Alitalia relativo ad alcuni premi internazionali vinti recentemente dalla compagnia nazionale -BizTravel Awards 2012. Alitalia premiata per il “Miglior Servizio di Business Class” e per la “Miglior Uniforme dello Staff di Bordo- . In sintesi credo che quanto detto e scritto possa far percepire un commitment della comunicazione di Alitalia verso il “decoro”, e un minor peso ai valori tra cui, inserisco, la trasparenza. Credo sarebbe stato utile, ad esempio, far sapere la natura e lo scopo della prassi e magari non ci sarebbero stati tanti “rimbalzi” mediatici e un accanimento che, rispetto al presunto torto (togliere un logo), è davvero eccessivo.
Non nascondo un velo di “rammarico” davanti a questi effetti della crisi perché da un certo punto di vista, seppur abbia scelto un’altra carriera, il volo e la nostra compagnia di bandiera è parte della mia storia familiare, quella del “fare” di tre fratelli (di cui uno mio papà) che con molto orgoglio hanno portato dalla cloche del comando il logo sparito in giro per il mondo.
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La vicenda mi ha sorpreso per la sua insensatezza: chiunque può scattare una foto con il cellulare e pubblicarla, basta un secondo ed è tutto on line.
Può essere una considerazione banale, ma non ha alcun senso coprire ciò che inevitabilmente sarà noto a tutti.
Gentile Marta,
nessun commento è banale, ovvero in questo caso quella che può sembrare una ovvietà agli occhi di molti non ha avuto il suo peso. Come ho scritto nel post sono rimasto sorpreso come lei ma del fatto che non sia stata correttamente ponderata la possibilità che questa “operation” avrebbe accelerato l’interesse e l’eco mediatico sull’incidente.
Aspettiamo di avere ulteriori elementi di analisi da parte del team di comunicazione di Alitalia che ha gestito la crisi o di altri professionals che magari si sono trovati in situazioni simili,
A presto