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Samsung, il nome cancellato e la tragedia del baby lavoratore in Cina

Massimi livelli di allerta per Asus, Samsung, Canon e Sony, dopo che purtroppo, il primo giugno, un ragazzo di 14 anni è morto in Cina in una fabbrica di prodotti elettronici che lavorava proprio per questi big dell’HI-Tech. Dopo la denuncia del “China Labor Watch” – l’organizzazione USA che si batte per i diritti dei lavoratori in Cina – la reazione dell’opinione pubblica e dei media non si è fatta attendere, dando vita ad un’escalation mediatica che dagli Stati Uniti è rimbalzata in tutto il mondo, arrivando in Italia attraverso le pagine de La Stampa e del Corriere della Sera. Una crisi in piena regola da gestire, perché il flusso informativo che si porta dietro un evento di cronaca così tragico ha inevitabilmente un impatto sulla reputazione di questi colossi dell’HI-Tech, condizionando l’atteggiamento dell’opinione pubblica e dei consumatori verso i brand coinvolti. Lo sfruttamento del lavoro e il lavoro minorile rappresentano, infatti, tematiche ad alta sensibilità sociale, in grado di infiammare il dibattito mediatico a lungo. Al momento, stando a quanto dichiarato dall’Huffington Post, Samsung, per tentare di contenere la crisis, ha immediatamente cancellato il proprio nome dal sito dell’azienda taiwanese, proprietaria della fabbrica cinese, dove si è verificato il tragico incidente.

Ma se è vero che le tracce lasciate sul Web sono indelebili e che dalla Rete nulla si cancella in modo definitivo, alcune testate hanno già precisato che “attraverso ricerche su internet, si trovano le prove dei loro legami”. Un primo passo falso nella gestione della Crisis da parte del Management della Samsung? Al momento, l’azienda, non ha rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale sull’incidente e sugli accordi che la legano al fornitore cinese, preferendo un sordo no-comment, ad un atteggiamento più chiaro e trasparente nei confronti del proprio pubblico e di tutti gli stakeholders. Una crisis, tra l’altro, particolarmente critica per la Samsung, considerando che l’azienda  non è nuova ad accuse di sfruttamento del lavoro minorile. La stessa China Labor Watch ha infatti denunciato più volte le pessime condizioni di lavoro in fabbriche cinesi riconducibili alla Samsung, dove sono stati impiegati anche minorenni.

Siamo in presenza di quattro grandi multinazionali di un settore trainante per l’economia internazionale, ed è nella logica aspettarsi strategie e attività di reputation recovery all’altezza.

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