Mentana o Morandi? È partito il toto-scommesse sull’identità del social media manager di Unicef, che in questi giorni ha fatto parlare molto di sé sul canale Twitter. La pazienza nelle risposte ai commenti ricorda quella che distingue il cantante Gianni Morandi, altri rivedono lo stile pungente e netto del giornalista di La 7 Enrico Mentana; ma la domanda a cui dare risposta è: quanto è efficace dal punto di vista della reputazione la strategia adottata sui social da Unicef?
Le dichiarazioni forse troppo “generaliste” e poco circostanziate del procuratore Carmelo Zuccaro e del vicepresidente della Camera Luigi Di Maio hanno scatenato una doverosa replica della ONG che fa riferimento all’ONU: il post pinnato sul profilo Twitter, infatti, recita “#Rispetto per chi soccorre, #Rispetto per chi soffre, #Rispetto per chi muore. Nessun rispetto per chi infanga”. Ottimi i livelli di engagement raggiunti: 3420 like e 2354 retweet. Da questo punto di vista.
Nonostante l’audience raggiunta a suon di cinguettii, Unicef ha preferito non reiterare il botta e risposta anche su Facebook: qui, infatti, il post che contiene il commento della ONG su quanto si discute è decisamente diverso. Non ci sono risposte ai commenti, se non quelle date dagli utenti e anche a livello di numeri si parla di cifre molto più basse: 20 commenti, 735 reazioni e 244 condivisioni. Ma la conversazione è comunque approdata sulla piattaforma grazie all’articolo de Il Post, che ha raggiunto 7.6K di like e oltre 2000 condivisioni. Volenti o nolenti, Unicef Italia è sulla bocca “digitale” di molti (49.127 persone ne parlano solo su Facebook) con 35.2K di conversazioni all’attivo per lo più positive, ma che registrano un buon 45% di sentiment negativo. Merito del tone of voice scelto? Secondo alcuni si. Degli oltre 370 commenti al post che ha dato il la alla discussione, molte sono risposte argomentate, secche e, a volte, anche un po’ provocatorie scritte da Alberto, social media manager in Unicef da 25 anni.
Molte le critiche sul tono di voce ritenuto poco istituzionale (da alcuni personale e non in linea con il TOV di un brand) ma anche molti che hanno apprezzato: a cominciare da giornali, come Repubblica e La Stampa che titolano quasi tutti “l’eroico social media manager..”, passando per uomini di spettacolo particolarmente attenti ai temi sociali come Jovanotti fino a trasmissioni televisive come Gazebo che sottolineano la pazienza, l’intelligenza e la chiarezza del professionista. Differente, ma pienamente condivisibile, la tesi del direttore dell’AGI Riccardo Luna, che nella sua riflessione pone l’accento su una questione centrale: è un eroe colui che fa (bene) il proprio lavoro? Il ruolo del moderatore, del social media manager, consiste proprio nel difendere e rilanciare la reputazione del brand, a maggior ragione se non è tirato in causa direttamente ma subisce, come in questo caso, un attacco generalista e che tende a fare un po’ di tutta l’erba un fascio.
Il fatto che alcune ONG siano state accusate di comportamenti poco leciti e/o etici ha un effetto amplificato sulla reputazione di quella che, nell’immaginario comune, risulta essere una delle organizzazioni non governative più note. Si richiede quindi un doppio sforzo al social media manager, che deve sottolineare la differenza che intercorre tra il brand che rappresenta ed il settore con cui viene identificato e che in questo momento sta subendo un “attacco reputazionale”.
Come noto, Unicef, come altre ONG, riceve donazioni e sostegno ai propri progetti da molte aziende corporate (come ad esempio Poste Italiane, Ikea, Coop, American Express.) per cui è corretto fare dei distinguo chiari e netti nel momento in cui istituzioni, magistrati o singoli politici mettono in dubbio i comportamenti morali e valoriali che per statuto devono caratterizzare una organizzazione non governativa.