“Uliveto e Rocchetta preziose alleate della salute”. E, da qualche giorno, anche preziose (e contestate) alleate della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG).
Sta già facendo discutere l’accordo tra il principale sindacato dei medici di base e i due brand di acque minerali, diventate famose per gli spot con protagonisti la soubrette Cristina Chiabotto e l’ex Capitano della Juventus Alessandro Del Piero. Il sindacato concorrente, lo Snami, ha già storto il naso e lo stesso Odine dei Medici ha già invitato la FIMMG a rivedere parte dell’iniziativa. Ma vediamo la campagna nei dettagli, anche se i presupposti non lasciano presagire un trionfo dal punto di vista della brand reputation di Uliveto e Rocchetta. Da alcuni giorni, infatti, in alcuni ambulatori medici, campeggiano alcuni poster promozionali con l’immagine di un uomo e di una donna in camice bianco, con a fianco il logo “Uliveto e Rocchetta acque della salute” e il marchio della FIMMG. L’affissione del manifesto è parte di un’operazione di sensibilizzazione ma che ha un risvolto promo commerciale più ampio, e che prevede, ahinoi , la possibilità per i medici di partecipare ad una crociera per due persone sul veliero “La signora del vento”. Come racconta Il Fatto alimentare, “il regolamento del concorso invita i medici a registrarsi in una sezione del sito accessibile solo ai tesserati FIMMG. In questo modo si riceve il materiale promozionale da affiggere nella sala d’aspetto per almeno 365 giorni in modo che sia ben visibile. Ai partecipanti si chiede di inviare una foto che mostri in modo chiaro ed evidente l’avvenuta affissione del poster stesso. In cambio la FIMMG riceverà dei finanziamenti per sostenere corsi di formazione, attività di ricerca e una campagna informativa sugli stili di vita”.
Tra le persone che hanno immediatamente criticato questa iniziativa c’è Amedeo Bianco, Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, che ha dichiarato: “I medici e le loro associazioni non dovrebbero consentire che un banale consiglio per gli acquisti venga legittimato quale autorevole indicazione terapeutica”. Anche il giornalista Paolo Russo, commentando la vicenda, su La Stampa dello scorso 30 gennaio ha affermato: “Terremo scivoloso. Perché i regalini in cambio della prescrizione di farmaci si chiama aggiotaggio, un reato nel quale in passato è incappato più di un dottore”.
Operazione commerciale, dunque, che non è piaciuta a tanti e che apre non pochi interrogativi: la promozione può quindi diventare un’autorevole indicazione terapeutica? Considerando l’impegno di alcuni Comuni e Regioni italiane (vedi campagna “MILANO BLU” e l’endorsement di Legambiente a favore della Regione Trentino) per rassicurare le famiglie in merito al consumo di acqua del rubinetto, quanto è corretto invitare i pazienti ad usare bottiglie di minerale, sollecitando incentivi che hanno ben poco a che fare con la medicina?
Guardando al codice deontologico dei dottori, non esiste nessuna norma che vieti al sindacato o all’associazione di categoria di associare la propria autorevolezza e i propri valori reputazionali ad un prodotto commerciale. L’unico intervento legittimato è sul singolo medico.
Del resto sono diverse le aziende che, per rassicurare i consumatori sulla bontà del proprio prodotto, collaborano con l’associazione medica di riferimento, nel tentativo di trasferire al pubblico il messaggio: “Il prodotto è sicuro e legittimato … te lo sta dicendo anche un medico”. Diversi, sono però stati anche i casi che hanno richiesto l’intervento dell’Antitrust per criticità sul fronte della correttezza del messaggio pubblicitario. Come nel luglio del 2008, quando il Garante della concorrenza e del mercato è intervenuto in occasione della sponsorizzazione tra la Federazione dei medici pediatri e le uova “Ovito”, sanzionando l’associazione per pratica commerciale scorretta.
Un’altra associazione condannata dall’Istituto di autodisciplina pubblicitaria (senza il pagamento di multe) è stata l’Associazione Urologi Piemontesi che partecipavano come endorser e protagonisi nello spot del detergente per l’igiene intima Infasil. Le immagini mostravano una dottoressa che raccontava di avere visionato i test sull’azione protettiva di Infasil contro le irritazioni vaginali, lasciando intendere che Infasil non era un semplice cosmetico, ma un detergente con caratteristiche simili ai medicinali.
Ritornando al caso Uliveto e Rocchetta, chiaramente, la parte dell’operazione maggiormente contestata è stata proprio quella che riguardava la crociera in palio per i medici perché, del tutto priva di una meccanica tipica di un corretto programma di PR: una cosa è sensibilizzare un consumatore coinvolgendo una categoria professionale, altra cosa è l’utilizzo di forme partecipative che prevedono incentivazioni e formule premianti. Al momento, dopo l’invito degli Ordine dei Medici, sembra che la FIMMG rivedrà i termini dell’iniziativa, eliminando il concorso a premi.
In attesa di capire le prossime mosse della FIMMG, come pensate che influirà questa vicenda sulla brand reputation delle due acque minerali? E’ bene ricordare tra l’altro, che, nel 2004, il Gran Giuri della Pubblicità aveva già intimato a Uliveto e Rocchetta di sospendere uno spot in cui si affermava: “Il Presidente della Repubblica chiede la riduzione dei prezzi dei beni di largo consumo. Uliveto e Rocchetta, le acque della salute, aderiscono all’invito per dare fiducia alle famiglie”, per pubblicità ingannevole (art.2) e lealtà pubblicitaria (art.1) … come dire, “il lupo perde il pelo ma non il vizio”…
Il parere del ricercatore – Cosimo Finzi, Amministratore Delegato di AstraRicerche
Il ‘caso’ permette di fare una riflessione sulla reputation e sul suo significato.
Certamente la reputation è ‘composta’ da molte dimensioni e sotto-dimensioni; senza dubbio, inoltre, ci può essere un rapporto tra la reputation e i risultati di un prodotto, di un brand, di un’azienda. Il punto è che “ci può essere”, non è sempre detto che ci sia.
In questo caso credo che ci possa essere un peggioramento della reputation del brand ma che ci si debba aspettare:
- che sia di modesta entità
- che si verifichi presso una parte assolutamente minoritaria della popolazione (se ne accorgono molto più gli ‘addetti ai lavori’ del grande pubblico: per ora su Internet la ‘bolla’ non è scoppiata, se ne parla ma senza priorità o rilevanza – come invece è capitato per altri casi di calo o crollo dell’immagine di una marca)
- ma soprattutto che non porti effetti rilevanti al sell out delle aziende (sarebbe molto interessante valutare se, complessivamente, gli effetti saranno positivi grazie al parziale endorsement o negativi per il ‘pasticcio’ di cui stiamo parlando, ma temo che non lo sapremo mai…)
Il vero problema di reputation è quello dei medici: sia per una delle associazioni di categoria (che tuttavia, va ricordato, ha prontamente risposto alle critiche attivandosi – vedremo nelle prossime settimane con quale effettiva intensità) sia per i singoli medici che aderiscono all’iniziativa non dimentichiamo che la reputation non è solo ‘delle aziende’ o ‘dei brand’ ma che sempre più si applica ai singoli, agli individui. E che il rapporto medico-paziente è – e deve essere – basato sulla fiducia: cosa penserà un paziente che non ‘crede’ nelle differenze tra le acque minerali (e sappiamo che sono molti) del proprio medico che espone un poster ‘di parte’? Si fiderà dei suoi consigli o inizierà a pensare che non sempre agisce nel solo interesse del paziente?