Howard Schultz, presidente di Starbucks, da fine ottobre ha promosso un’interessante iniziativa per trasformare le imprese USA in promotori finanziari, coinvolgendo 15 milioni di americani che frequentano i suoi negozi a devolvere una piccola donazione al programma «CreateJobsforUSA».
Le donazioni insieme ai fondi filantropici versati dalla stessa Starbucks e da altre aziende disposte a partecipare al programma, verranno utilizzati da alcune no profit locali – la rete delle Community Development Financial Institutions – per finanziare nuove iniziative di piccoli imprenditori.

Starbucks lancia l’iniziativa con un suo contributo di 5 milioni di dollari e cerca di invogliare i donatori regalando, a chi verserà più di 5 dollari, un braccialetto di plastica coi colori della bandiera americana sulla quale è scritta la parola “indivisibile”.

L’iniziativa ha un sito dedicato createjobsforusa che, registra ad oggi, 470 commenti e 25.000 like.

Massimo Gaggi dal Corriere della Sera del 31 ottobre introduce l’iniziativa di Shultz raccontando l’abilità del Presidente di “pensare e vedere in grande”,  proponendosi come catalizzatore di un movimento che dovrebbe portare le imprese a diventare soggetti attivi della politica economica USA.

Angelo Aquaro dalle pagine di Repubblica del 31 ottobre si chiede invece se CrateJobsforUSA non sia invece finalizzato ad una discesa in politica di Howard Schultz, celebrando più l’antipolitica che la politica vera e propria.

Aquaro termina l’articolo chiedendosi, però, se le assunzioni promesse da Starbucks riusciranno mai a colmare i 128 mila licenziamenti messi in atto nel biennio della recessione.

Il parere del ricercatore – Cosimo Finzi, Amministratore Delegato di AstraRicerche

Ragioniamo con un esempio: tra i progetti supportati da una delle istituzioni finanziari che partecipano a “Create Jobs for USA” c’è quello Brad, produttore di pizze “bio” e “di qualità artigianale”, che grazie ai finanziamento ricevuto ha espanso la propria attività e ha aumentato di 15-20 unità il numero degli addetti. Verrebbe da dire “wow”, no?

Ma non dovremmo forse riflettere sul perché il sistema creditizio tradizionale (le banche locali del New Hampshire) non ha dato credito a questo imprenditore? E magari pensare che se lui ce l’ha fatta molti altri imprenditori, magari con idee altrettanto valide e concretamente realizzabili, non hanno ottenuto fondi né dalle banche tradizionali né da quelle più legate all’idea di sviluppo locale della comunità? e poi non è forse necessario avere il dubbio che il business di Brad si sia espanso a scapito di altre imprese, con un “conto occupazionale” complessivo molto meno positivo se non persino in pareggio? E chiederci infine se l’economia può vivere di “best cases” che rischiano di non essere “common cases”?
Insomma “Create Jobs for USA” può essere una soluzione, anche solo parziale, al problema o rischia di spostare l’attenzione dei cittadini su questa soluzione a questo problema piuttosto che sul problema in generale (che non è solo il numero di posti di lavoro) e sulle soluzioni più rilevanti, davvero efficaci? Non sarà che ci si abitua ulteriormente a pensare che soluzioni piccole e specifiche possono essere utili per problemi grandi e generali? Insomma, non si reinventa né riforma il capitalismo del XXI secolo, ma lo si stampella sempre più?
Dal punto di vista della comunicazione dell’impresa proponente, invece, un plauso a chi ha avuto l’idea e a quanto si può vedere della realizzazione on line.

A proposito: ma pensate che in Italia funzionerebbe?

 

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