I bambini, figura autentica e pura nell’immaginario collettivo, sono credibili perché hanno il potere di raccontare grandi verità senza nascondersi dietro a paroloni o costruzioni complicate. Le parole dei bambini possono mobilitare l’opinione pubblica se affrontano temi d’interesse generale come il sistema creditizio o l’alimentazione nelle scuole e ottenere la massima visibilità sui media: è quello che sta succedendo in questi giorni

Victoria Grant è una bambina di dodici anni, canadese, che “ ha incollato a Youtube” in meno di un mese più di 480.000  internauti parlando del sistema creditizio canadese. Il padre ha postato su internet un video dove la bambina, a suo agio, parla davanti ad un pubblico di adulti, seguendo una schema retorico che, Giuseppe Sarcina, dalle pagine deIl Corrieredefinisce: “folgorante”. Lo stesso metodo insegnato dalle grandi università ai manager per parlare in pubblico: cinque domande in sequenza sui massimi sistemi, seguite da cinque semplici risposte. La soluzione offerta dalla bambina contro gli inganni dei banchieri privati sembra illuminare la platea che, da quanto si osserva nel video, si scoglie in un interminabile applauso. Dopo essere stato postato su Youtube il video ha acquistato immediatamente credibilità in Rete e poi ampia visibilità su tutti i media, perché a parlare è una bambina, “protetta” dalla fonte reputazionale dell’infanzia. Difficilmente un bambino può essere contrastato, perché egli rappresenta l’incapacità di mentire e, in quanto tale, veicola la bontà e la genuinità dei contenuti comunicati.
Il Financial Post e l’Huffington Post hanno dato ampio spazio alla vicenda, la versione on line di Forbes ha contato le visualizzazioni del video su Youtube.
In Italia, Il Corriere della Sera, ha dedicato lunedì 28 Maggio più di mezza pagina a Victoria Grant e alle sue grandi verità e worldwide il popolo della Rete ha risposto “all’appello” con commenti positivi e incoraggiamenti.

Altro paese, altra storia, dove i protagonisti sono sempre una bambina e l’attenzione mediatica riservata alla sua storia. Lei è Martha Payne, blogger alle prime armi che “ha messo in ginocchio” le mense scolastiche di mezza Scozia e ha conquistato Jamie Oliver, lo chef più famoso al mondo,  corteggiato dai più importanti programmi tv e testate di cucina.
Dal 30 aprile, ogni giorno, Martha pubblica sul blog “Never Seconds la fotografia del pasto che offrono alla mensa della sua scuola, criticando l’assenza di frutta e verdura o le porzioni troppo piccole. Nel giro di un mese i post hanno ottenuto un milione e mezzo di contatti e il passaparola ha aiutato il blog a diffondersi prima nelle altre scuole scozzesi, poi nel resto del mondo. Oggi, in media, i post di Martha hanno dai 50 agli 80 commenti al giorno e il blog è stato visto da più di 1.6800.000 utenti.
La credibilità che si cela dietro all’infanzia ha nuovamente fatto centro e, dalle mense al mondo dell’opinione pubblica, il passo è stato breve. Oggi nutrizionisti, giornalisti e politici si interrogano sulle mense e sul cibo da servire ai bambini e Martha passa da un’intervista alla BBC a un programma radiofonico. Jamie Oliver, la star dei fornelli UK, si è detto ispirato e conquistato dal blog di Martha:”Keep going. Big love from Jamie”.

L’ampio spazio mediatico riservato a queste storie dimostra come, oggi più che mai, gli approcci, le tecniche di comunicazione si stanno affinando e ritrovano non solo come testimonial pubblicitari di spot o scatti fotografici i bambini. 
Affrontare temi importanti e scottanti come il sistema bancario o la nutrizione sana degli adolescenti, affidando la trattazione dei problemi ai bambini sembra essere la soluzione vincente. Al resto pensa la Rete.
Ma è giusto quindi proporre i bambini come “esseri pensanti” capaci di approfondire tematiche in alcuni casi scottanti? 
Pragmaticamente l’immagine e la reputazione del bambino nella comunicazione rappresenta un legante di motivazioni e fattori psicologici che garantiscono un risultato di notevole impatto sui media e sul pubblico.
Dal punto di vista del racconto mediatico però un bambino non può essere “sfruttato” o proposto senza il consenso del genitore…..

Il parere del ricercatore – Cosimo Finzi, Amministratore Delegato di AstraRicerche

Credo che il caso di Victoria Grant sia molto interessante.
Victoria non dice nulla di nuovo: negli ultimi anni il tema del rapporto tra le Banche Centrali e i Governi è molto più discusso che in passato: non c’è affatto unanimità di vedute, ma non si può dire che non ci siano possibilità di informazione e dibattito su questo argomento, grazie a singoli sconosciuti cittadini e grazie a qualche personalità di rilievo, in Italia come all’estero.
Victoria non approfondisce l’argomento di cui parla: il suo discorso dura sei minuti; e quando viene invitata a riproporlo in altre sedi quello che fa è replicarlo in modo pressoché identico.
Victoria non si sottopone a un confronto: parla, poi scende dal palco.
Victoria asserisce, non dimostra, non prevede obiezioni a cui rispondere ‘ex ante’, non dà concretezza alle soluzioni a cui accenna.
Victoria, insomma, dovrebbe essere un non-fenomeno.
Invece Victoria piace: è giovanissima (ma non chiamiamola “bambina”: ha 12 anni, non 7) e quindi può associare a sé i concetti di spontaneità e di indipendenza, utilizza le armi retoriche in modo assai abile, parla di un argomento legato all’economia (il tema fondamentale di questi ultimi quattro anni) e ha come “target” le Banche (oggetto di accuse di ogni genere in quasi tutto il mondo).
Ma Victoria non è un modello replicabile: credo che lei stessa non riuscirebbe a replicare con successo la sua performance approfondendo il tema di cui ha già parlato o passando a un altro tema: perderebbe, se non altro, l’effetto-sorpresa e probabilmente la spontaneità – vera o percepita; e dovrebbe cercare altre idee vincenti per rendere il discorso efficace e impattante, diverse dalle cinque domande ‘secche’ che pone all’inizio del suo speech.
Credo anche che non ci sia spazio per “10, 100, 1000” Victorias: come le comete, Victoria è speciale perché è l’eccezione e non la regola.

Qualcuno potrà pensare di utilizzare per attività di comunicazione giovani e giovanissimi, e qualcuno potrà anche riuscirci: ma non è un modello. A volte le ‘best practices’ sono semplicemente quelle da non seguire perché se sono state ‘best’ non lo possono essere più. E, forse, se abbiamo bisogno di Victoria per fare passare una nostra idea dobbiamo prima di tutto riflettere sulla debolezza della nostra capacità di comunicare…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Altro... #VanityFail, America, brand, BuzzFeed, copertura mediatica, Donald Trump, magazine, Melania Trump, Messico, reputazione, Trump, US, USA, Vanity Fair
I casi Coop e Apot come Unilever e P&G verso una filiera produttiva e distributiva sostenibile, ma il tema non va tradito

Un terzo dei consumatori, circa il 33%, sceglie di comprare prodotti da brand che hanno...

Cari Motta e Melegatti, la reputazione è un ingrediente per palati fini, soprattutto a Natale

Strategia o ingenuità? Lo spot del panettone Motta quest’anno ha fatto parlare molto di sé....

Facebook e Twitter tirano le somme, e il brand più social del 2016 è PokemonGo

Si può essere un brand e conquistare il primo posto della top 10 delle conversazioni...

Chiudi