Una donna alla guida di Ibm.
Fa notizia su più fronti l’elezione di Virginia Rometty alla guida del colosso americano dal mese di gennaio. In primo luogo perché per la prima volta, in un secolo di storia, l’azienda ha scelto di affidare il timone ad una “lei” e in secondo luogo per quello che, a questo punto, potremmo definire il “paradossale” legame di Ibm con l’Augusta National Golf Club.
Ma facciamo un passo indietro. Da sempre Ibm è lo sponsor principale del torneo Masters organizzato dall’Augusta National Golf Club, l’esclusivo tempio del golf in Georgia riservato a soli uomini che, in cambio del cospicuo finanziamento offerto dallo sponsor, arruola automaticamente come membro ogni chief executive di Ibm. Questo almeno fino a gennaio quando le redini dell’azienda sono passate nelle mani di Virginia Rometty, grintosa e determinata manager ma indiscutibilmente donna e dunque “non ammessa” al golf club sponsorizzato dalla sua stessa azienda.
Qualcuno sorride, qualcun altro si indigna, sicuramente tutti ne scrivono, compresi i nostri principali quotidiani e i vertici politici americani.
In un mondo in cui si fa un gran discutere di pari opportunità, di quote rosa ed emancipazione femminile, fa senza dubbio riflettere questa notizia sia perché suona piuttosto “machista” nel 2012, sia per la paradossale scelta dell’azienda informatica di continuare a sponsorizzare una realtà vietata alle donne pur avendo propria una donna come chief executive. Criticabili o meno, è lecito interrogarsi sui motivi che stanno alla base della decisione di Ibm e la prima considerazione che sorge spontanea è quella di classificare l’accaduto come caso di incoerenza da parte del management o di “discomunicazione” tra le parti in causa. E’ evidente che suona piuttosto stonato che al numero uno, anzi alla numero uno, di una delle più potenti realtà americane sia vietato l’ingresso nell’esclusivo club finanziato dalla sua stessa azienda.
Posta l’evidenza dell’accaduto, vale la pena fare uno step in più, provare a scavare più a fondo per analizzare la questione anche da un altro punto di vista che non parta dall’accusa di emarginazione sessuale nei confronti dell’Augusta National Golf Club ma che si soffermi invece sulla sua storia e sulla sua tradizione.
Il Club nasce come realtà dedicata esclusivamente agli uomini e ha mantenuto il suo statuto invariato dall’anno della sua fondazione che risale al 1933. E la volontà da parte dei membri del direttivo di difendere la propria storia, di restare legati alla propria tradizione mantenendo inalterato il dna del club e il proprio statuto, sembrerebbe essere più forte di tutte le polemiche sorte in seguito al cambio ai vertici di Ibm. Dal canto suo Ibm, sponsorizzando un Club come l’Augusta per anni, ha sempre preso una posizione sostenendo la disciplina sportiva del golf e il suo indotto, senza lasciarsi toccare dalle politiche sociali del circolo e dimostrando di non avere alcun tipo di problema in merito al suo statuto. Da questo punto di vista la scelta odierna dell’azienda risulta coerente con l’iter seguito nel tempo; non interrompendo la sponsorizzazione del Club, Ibm ha confermato la sua considerazione nei confronti di questo circolo, dimostrandosi a sua volta fedele alla propria tradizione che vede queste due realtà legate da tempo.
Del resto, strutture come l’Augusta National Golf Club esistono anche in Italia da oltre un secolo (vedi il Circolo della Caccia di Roma) eppure senza “il caso Ibm” nessuno si sarebbe scandalizzato continuando a considerarle parte della nostra società o, in altri casi, ad ignorarne l’esistenza.
Nel paradosso della scelta e nella duplice interpretazione che ognuno sceglierà di dare, è evidente che va riconosciuta ad Ibm la volontà di aprirsi al nuovo, offrendo la presidenza ad una donna, e di dimostrarsi, dunque, lontano dalle logiche sessiste che tanto hanno fatto discutere.