Internet è il mezzo con il massimo tasso di incremento dell’utenza tra il 2011 e il 2012 (+9%), arrivando al 62,1% degli italiani. Oltre il 40% degli abitanti e’ su Facebook e il 62% della popolazione naviga su web. Questo – in estrema sintesi – è quanto emerge dal 10/o Rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione “I media siamo noi. L’inizio dell’era biomediatica“, diffuso lo scorso 4 ottobre. Dal rapporto emerge chiaramente il ruolo di primo piano che il Web sta assumendo e costringe i professionisti della comunicazione a interrogarsi sul futuro del giornalismo, con un occhio di riguardo a Twitter. In effetti, al momento, la piattaforma di microblogging è in grande ascesa in Italia (secondo Stefano Scetti del Giornale gli utenti attivi sarebbero oltre 1 milione) ed alle potenzialità non ancora del tutto inesplorate hanno dedicato, lo scorso giugno, un lavoro di ricerca gli studenti del Master in Media Relation e Comunicazione d’Impresa di Almed dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Lo studio del Master coordinato da Simonetta Saracino intendeva comprendere le diverse modalità d’utilizzo della piattaforma da parte di alcuni giornalisti italiani secondo due direttrici: un elemento quantitativo (quanto scrivono e con quanta periodicità aggiornano l’account) e uno qualitativo (di cosa si occupano). Alcuni tra i direttori e i giornalisti monitorati sono stati Ferruccio de Bortoli (Corriere della Sera), Ezio Mauro (La Repubblica), Mario Calabresi (La Stampa), Giorgio Mulè (Panorama) e Beppe Severgnini (Corriere della Sera). Mentre il direttore del Corriere della Sera, con i suoi quasi 88.000 follower, ha un approccio a Twitter più di tipo critico-speculativo, che di dibattito (in media 3 tweet al giorno, scarse risposte ai follower e pochi re-tweet), Mario Calabresi utilizza spesso la piattaforma per promuovere la propria testata, per la quale solleva frequenti dibattiti con gli oltre 50.000 follower, cinguettando le proprie considerazioni sui fatti d’attualità. Di Ezio Mauro (oltre 49.000 follower) colpisce immediatamente il largo uso che fa del mezzo social per sostenere Repubblica.it, attraverso la pubblicazione di link o mediante il re-tweet degli interventi effettuati dalla propria redazione. Del resto Repubblica.it – stando agli ultimi dati Audiweb diffusi lo scorso luglio – è il web d’informazione più letto in Italia con 1.337.329 utenti unici giornalieri (Corriere.it si attesta a 1.067.931 utenti), nonché il vincitore dell’edizione 2012 della Blogfest, uno degli appuntamenti più importanti della Rete italiana, come Miglior Sito di news online.
Sempre stando all’indagine della Cattolica Giorgio Mulè viaggia ad una media di 7 tweet al giorno, molti i re-tweet e le interazioni con i follower. Interessante è l’attività “promozionale” a sostegno della propria testata e i molti cinguettii dedicati ad anticipazioni sui contenuti del settimanale, ivi compresa la copertina. Beppe Severgnini è forse il giornalista italiano più autentico su Twitter: scrittura breve, ma efficace e dai contenuti vari. Una delle penne più amate del Corriere della Sera è anche un convinto sostenitore del mezzo che considera un luogo di confronto diretto con i suoi lettori e uno spazio privilegiato dove poter esprimere con spontaneità la propria opinione. Sarà forse per questo che all’ultima edizione della Blogfest ha potuto aggiungere alla propria reputazione di fermo sostenitore dell’informazione digital anche il titolo di miglior Tweeter VIP con oltre 267.000 follower? Ma guardando all’estero e, in particolare, agli Stati Uniti – luogo dove della piattaforma di microblogging si è fatto da subito un uso giornalistico, professionale e costante – come si comportano i giornalisti a stelle e strisce? Nicholas Kristof, meglio conosciuto come @NickKristof, editorialista del New York Times, nonché primo blogger sul sito on-line del giornale fa del social uno strumento partecipativo. Con i suoi 1.312.072 ad inizio ottobre il giornalista interagisce, informa e incoraggia i suoi lettori (specie i più giovani) al dialogo e al confronto a più voci. Kristof, giornalista dalla reputazione impeccabile e due volte vincitore del Premio Pulitzer, non perde occasione per ricordare che Twitter è uno strumento informale, di cui il redattore deve sfruttare appieno le potenzialità non solo per insegnare, ma anche per imparare e da cui trarre informazioni e idee da usare negli articoli.
Del resto, non è forse questo il futuro del giornalismo? Un mondo corale a più voci dove tutti, armati di smartphone (rigorosamente dotato di videocamera) e tablet, possono trasformarsi in citizens journalist e raccontare i fatti del mondo, conquistandosi lentamente la fiducia e l’essere “reputable”dalla Rete. Probabilmente il futuro del giornalismo è proprio questo: metterci la faccia, non più solo la firma e non solo sotto il brand del media per cui si lavora, ma in ambienti aperti a tutti ed in grado di tracciare conversazioni e relative “performance”.
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