Gaffe della Casa Bianca: lo staff di Obama rivela il nome del capo CIA a Kabul
In qualunque ufficio stampa si sa, la fase di lancio di una notizia è sempre un momento delicatissimo, che richiede la massima attenzione. Basta un copia e incolla errato, un allegato sbagliato, e da un click si diffondono in un attimo informazioni compromettenti per l’oggetto della comunicazione giornalistica.
Se però a sbagliarsi è lo staff della Casa Bianca, le conseguenze possono essere irreparabili: E’ accaduto in occasione della visita di Barack Obama in Afghanistan, quando 6.000 giornalisti si sono visti recapitare nella propria casella di posta elettronica la lista dei partecipanti al briefing del Presidente degli Stati Uniti nella base di Bagram, che includeva il nome del capo della Cia a Kabul. Una gaffe clamorosa, degna del più sbadato Leslie Nielsen incaricato di proteggere la Regina d’Inghilterra in “Una pallottola spuntata” , o di uno stagista alle prime armi.
A nulla è valsa la segnalazione del corrispondente del Washington Post agli uomini del Presidente, che hanno cercato di rimediare divulgando un elenco con l’identità depennata, quando ormai era troppo tardi. Nome e cognome erano già in viaggio per il cyber etere, posandosi sugli occhi d’increduli giornalisti (chissà Giulietto Chiesa cosa avrebbe dato per essere in mailing), sulle pagine social e in particolare sugli indiscreti becchi cinguettanti di Twitter.
Non un’azione spionistica comandata dall’Est Europa, né una confidenza sensualmente carpita da una moderna Mata Hari inviata in Medio Oriente, ma paradossalmente un’informazione svelata dall’interno. L’America ha tirato per la prima volta un auto-goal sulle tematiche legate alla security, sbadatamente, perché l’unico precedente che si ricordi è quello di Valerie Plame, la ex 007 la cui identità fu rivelata di proposito dall’amministrazione di George W. Bush per screditare il marito, un ex ambasciatore fortemente contrario all’invasione dell’Iraq.
Gelo e imbarazzo per ora avvolgono la White House. Cosa ne sarà di XXX, se sarà rimosso dall’incarico o spedito in esilio da qualche parte, nessuno lo sa. Quel che è certo è che la sua vita e l’incolumità della sua famiglia sono state messe gravemente a rischio.