Sono partiti in questi giorni i lavori di restauro del Colosseo ma c’è un altro monumento capitolino che beneficerà di un intervento di mecenatismo “Made in Italy”: sarà griffato Fendi il restauro della Fontana di Trevi e il complesso delle Quattro Fontane di Roma. E’ notizia recente, infatti, il finanziamento da parte della Maison per il risanamento e la tutela delle fontane storiche della capitale. Alla presenza di Karl Lagerfeld, direttore creativo del pret a porter donna, è stata resa ufficiale la nuova liaison tra il comune di Roma e il noto brand fashion che, in cambio del cospicuo investimento, riceverà una targa di ringraziamento che fiancheggerà la famosissima fontana.

E certo non è poco, sicuramente non lo è in termini di immagine per un brand come Fendi che sceglie in questo modo di stringere un sorta di patto con la città che gli ha permesso di diventare un marchio internazionale. Del resto il legame tra Fendi e la Fontana di Trevi era scritto nel destino, come ha affermato Silvia Venturini Fendi nel corso della presentazione ufficiale in Campidoglio, e la scelta di oggi sembra raccontare una storia iniziata tempo fa quando nel 1977 l’azienda presentò un cortometraggio, con lo script di Karl Lagerfeld, che ritraeva un turista a Roma che faceva il bagno nelle Fontane o quando nel 1980 le sorelle Fendi editarono il libro Le Fontane di Roma. Un legame che oggi si rafforza attraverso quest’importante impegno da parte della Maison di Lwmh e che si concluderà con la realizzazione di un prezioso volume fotografico, firmato del genio creativo di Lagerfeld, che racconterà le meraviglie capitoline attraverso l’antica tecnica della dagherrotipia.

Il legame tra pubblico e privato sembra andare sempre più di moda, stretto in una logica di do ut des che se da un lato risulta funzionale per entrambe le parti certo non manca di sollevare critiche da parte di chi la considera una forma di “commercializzazione” e non vede dunque di buon occhio l’ingerenza dei privati in ciò che è patrimonio dell’umanità. E su questo argomento si potrebbe stilare un elenco di pro e contro che aprirebbe un acceso dibattito tra i favorevoli e i contrari, ma quello che interessa a noi è analizzare la questione dal punto di vista dell’immagine e della reputazione di un’azienda che sceglie di “sponsorizzare” un’opera d’arte. Su questo tutto sommato c’è davvero poco di cui discutere. Giusto o sbagliato che sia, è innegabile che le aziende non sono mosse certo da una pura filantropia artistica, considerando che il ritorno per i brand a livello di pubblicità e marketing è notevole e in termini di immagine e reputazione molto elevato e di grande prestigio. Essere affiancati a capolavori artistici riconosciuti ed apprezzati in tutto il mondo certo non è da poco e soprattutto non è da tutti. Ed è evidente che questo meccanismo è ben chiaro alle grandi aziende e così, se una volta erano le famiglie patrizie a ricoprire il ruolo di mecenati, oggi il prezioso scettro sembra essere passato ai grandi della moda che sempre di più sembrano apprezzare questo prestigioso compito. Infatti quella di Fendi è solo l’ultima delle iniziative in questa direzione. E’ancora nell’aria la polemica sorta in seguito al finanziamento di 25 milioni di euro di Diego Della Valle (ribattezzato appunto il Mecenate del XXI secolo) per contribuire al restauro del Colosseo in cambio dell’esclusiva sullo sfruttamento dell’immagine di uno dei monumenti più visitati al mondo. La città di Venezia ringrazia invece Renzo Rosso, patron della Diesel, che ha offerto 5 milioni di euro per i lavori di recupero del suggestivo Ponte di Rialto, in cambio di una campagna adv della sua holding Otb per tutta la durata del restauro; una campagna che, assicura Rosso, non sarà invasiva ma intelligente e creativa, in pieno stile Diesel. L’imprenditore vicentino avrà inoltre la possibilità di organizzare eventi legati alla moda, quali sfilate e spettacoli, nella magica atmosfera di Venezia.

Quello moda/ mecenatismo sembra essere un connubio sempre più consolidato e, soprattutto in un momento tanto delicato, l’intervento dei privati risulta indispensabile per la tutela del patrimonio artistico del Bel Paese. E se la moda è una forma d’arte, l’incontro tra queste due realtà non suona affatto stonato e risulta dunque del tutto naturale, come sottolinea il New York Times che ha dedicato qualche mese fa un pezzo proprio al mecenatismo italiano, che la moda italiana, oltre a creare abiti meravigliosi e tendenze ormai iscritte nel fashion system, sia anche molto attenta alla salvaguardia delle opere artistiche del proprio Paese. Fashion Legacies of a Different Kind – NYTimes.com

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