Le campagne di comunicazione dei prodotti alcolici rappresentano una sfida particolarmente interessante per gli addetti ai lavori. Se infatti i trend di consumo sono positivi, e quindi esistono buoni margini di investimento – anche in comunicazione – per le aziende che operano in questo comparto, in Italia come in gran parte dell’Europa il fenomeno dell’abuso di sostanze “graduate” desta preoccupazione tanto nell’opinione pubblica quanto nelle istituzioni. Ne sono la prova le tante campagne istituzionali volte a promuovere un uso consapevole dell’alcol, sia in termini di consumo sia in termini di comportamenti.
Secondo gli ultimi dati dell’ISTAT in Italia, ogni anno, ci sarebbero circa 20 mila morti causate dall’alcol e, sempre secondo l’istituto statistico, chi rischia maggiormente sarebbe la fascia di popolazione di età compresa tra i 11 e i 25 anni. Ecco perché chi si occupa di comunicazione di prodotti alcolici deve essere particolarmente accorto nella definizione delle attività da implementare, pena il rischio di vedere il proprio brand associato a concetti negativi quali l’ubriachezza e l’eccesso.
Per proteggersi da questo rischio è fondamentale costruire una solida reputazione, individuare i top influencer e capire come fare per “trasformarli” in brand ambassador, aderire o promuovere iniziative positive a favore della comunità ma in linea con la propria identità.
Così ha fatto Hicks&Healy Cornish Whiskey in UK che, nella fase di lancio, ha dovuto considerare, oltre ai rischi per la reputazione connaturati alla categoria merceologica di appartenenza, anche quelli derivanti dal pregiudizio per l’area geografica di provenienza del distillato, la Cornovaglia, quando la terra del whiskey degli inglesi, per antonomasia, è la Scozia.
In questo caso la strategia di PR ha avuto come perno il concetto di “fiducia” e “promessa di qualità”; è in questa direzione che va interpretato il coinvolgimento di Jim Murray (vero e proprio guru del whiskey e autore dal 1994 di una serie di pubblicazioni dedicate a questa bevanda) nella campagna di PR a favore di Hicks&Healy Cornish Whiskey, ritenuto – a ragione – in grado di agire sia sul fronte della notorietà di marca, in virtù della propria popolarità, sia sul fronte della reputazione, in virtù della conclamata expertise.
La veste “istituzionale” di Murray ha permesso inoltre di parlare di un alcolico come elemento di “esperienza culturale” riducendo, di fatto, la possibilità di attacchi da parti di gruppi di pressione contro l’uso di alcol, rischio ulteriormente esorcizzato dalla scelta di devolvere i proventi (più di 2.500 euro) dell’asta Ebay per la vendita della prima bottiglia di Hicks&Healy Cornish Whiskey ad alcune associazioni benefiche della Cornovaglia.
Il meccanismo del trasferimento della fiducia è stato sfruttato non solo tramite l’ingaggio di testimonial del calibro di Murray, ma anche coinvolgendo in qualità di endorser “uomini comuni”, individuati sulla base di una precisa profilazione, a cui l’azienda ha mandato mini confezioni del nuovo Whiskey per favorirne l’assaggio – e curando le attività di press cultivation.
L’efficacia della campagna nel suo complesso è stata dimostrata non solo da una press coverage di 65 testate tra cui spiccano The Times e la BBC, ma anche dai dati di vendita: le prime 318 bottiglie in vendita, al prezzo cad. di 185 euro, sono infatti andate esaurite in 3 giorni. Il tutto senza destare alcuna protesta, mentre la coalizione di governo britannica stava lavorando alle linee guida di una strategia per combattere e scoraggiare l’eccessivo consumo di alcolici su scala nazionale.
Per vedere se i comunicatori italiani sapranno fare di meglio, non resta che aspettare i risultati della campagna – a ancora in corso – che il team di Heineken Italia ha sviluppato per il lancio di Strongbow Gold, il sidro di mele che vuole diventare il nuovo protagonista degli aperitivi italiani …