Sembrava uno scherzo e invece non lo è, almeno fino ad oggi. Quando la conduttrice radiofonica irlandese Muireann O’Connell ha visto l’immagine della nuova campagna di Zara per la linea curvy non ci voleva credere: due modelle taglia 38, ergo magre, di spalle accompagnate dalla scritta “love your curves – ama le tue curve”.

Il profilo social della O’Connell ha fatto da catalizzatore per la discussione ed il suo tweet è diventato subito virale, facendo registrare un ottimo tasso di engagement: 15.423 ricondivisioni, oltre 400 commenti e ben 28.899 likes. La discussione ha poi superato i confini dei social media e si è riversata sulla stampa online, con alcune testate come Marie Claire e Velvet Style che hanno voluto provare a dare una spiegazione alla decisamente bizzarra campagna del brand spagnolo.

I dubbi sull’accostamento dell’immagine alle parole sorgono spontanei. Meno immediata la strategia di comunicazione a monte: c’è chi ha ipotizzato che il problema fosse da ricondurre agli ideatori della creatività, chi ha pensato si trattasse di uno scherzo (magari fatto apposta per attirare attenzione?) e chi, invece, vede la conferma del trend della casa di abbigliamento low cost. E poi c’è chi, addirittura, la mette sul filosofico tirando in ballo il Rasoio di Occam.

Il fattaccio però rimane, comunque la si voglia mettere. Quindi, cos’ha fatto Zara per rimediare? Niente. Davvero? Davvero. A distanza di 10 giorni non sono ancora state date delucidazioni sulla scelta della campagna, né tramite comunicazioni ufficiali, né tramite risposte ad uno dei molti tweet che tiravano in causa il brand. Ed è pure in buona compagnia! Proprio in questi giorni, infatti, in Francia sono state sollevate polemiche per le umilianti e degradanti immagini della nuova campagna di Yves Saint Laurent, anche in questo caso la maison di moda ha preferito non rilasciare dichiarazioni in merito. Cosa aspettarsi, dunque? Una tardiva ma lunga lettere di scuse ai clienti? Una sorpresa per l’8 marzo (#lottomarzo)? Pare di no. Sembra che la scelta del brand spagnolo sia quella del silenzio: Zara opta per il No comment, come nel precedente scandalo che l’aveva investita (un cliente trovò un topo cucito tra i tessuti dell’abito). I prossimi mesi definiranno l’entità delle conseguenze di questa clamorosa gaffe. Ma di semplice gaffe si tratta? Il settore del fashion è incline e abituato alla provocazione in occasione delle campagne e durante le sfilate, i retailers un po’ meno, se escludiamo le indimenticabili campagne di Toscani per Benetton, ma oggi tutti i brand hanno l’autorevolezza per trattare provocatoriamente temi come la figura delle donne, l’immigrazione, la società e le sue fibrillazioni?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Altro... #VanityFail, America, brand, BuzzFeed, copertura mediatica, Donald Trump, magazine, Melania Trump, Messico, reputazione, Trump, US, USA, Vanity Fair
I casi Coop e Apot come Unilever e P&G verso una filiera produttiva e distributiva sostenibile, ma il tema non va tradito

Un terzo dei consumatori, circa il 33%, sceglie di comprare prodotti da brand che hanno...

Cari Motta e Melegatti, la reputazione è un ingrediente per palati fini, soprattutto a Natale

Strategia o ingenuità? Lo spot del panettone Motta quest’anno ha fatto parlare molto di sé....

Facebook e Twitter tirano le somme, e il brand più social del 2016 è PokemonGo

Si può essere un brand e conquistare il primo posto della top 10 delle conversazioni...

Chiudi