Ormai è noto: i Mondiali di calcio non si giocano solo tra i campi e tra gli spalti della città che ospita la manifestazione, ma rappresentano senza dubbio un’occasione unica che i grandi brand devono sfruttare. L’obiettivo deve essere quello di ottenere massima visibilità, creare engagement con i propri consumatori e conquistare così nuove quote di mercato. Proprio per la risonanza globale che questo evento ricopre, in occasione dei Mondiali di Brasile 2014, due colossi dell’abbigliamento sportivo come Adidas e Nike hanno deciso di scendere in campo e di giocare la loro battaglia per la conquista del primato. Per la loro visibilità e per garantire la propria presenza, entrambe le aziende non hanno badato a spese: per sponsorizzazioni tecniche e commerciali hanno infatti sborsato una cifra totale di circa 200 milioni di euro. In cosa è stato investito questo capitale? È presto detto: campagne di comunicazione e adv integrate e coinvolgimento di testimonial famosi in grado di garantire un grande seguito sui social network.
Adidas ha scelto di ottenere ampia visibilità diventando Official Partner della FIFA e della manifestazione (partnership che verrà sfruttata il più possibile per ottenere ottimi risultati), fornitore dell’unico pallone della competizione e partner di nove squadre coinvolte nella manifestazione. Giocando a carte scoperte e con il fischio di inizio dei mondiali, Adidas sarebbe sembrata quindi essere già la vincitrice della sfida. Nike invece ha deciso di agire diversamente: oltre a rubare al competitor una squadra in più da vestire da capo a piedi (10 su 32 nazioni), l’azienda statunitense ha scelto di agire principalmente sui social network puntando ad ottenere un vantaggio competitivo in termini di attivazione online nelle settimane antecedenti alla manifestazione. Nike ha sorpassato di gran lunga Adidas proprio su questo terreno di gioco: il “baffo” conta infatti oltre 35 milioni di “like” su Facebook e 1.8 milioni di “follower” su Twitter, più del doppio degli utenti coinvolti dal competitor.
Ma Adidas ha rimontato subito con la sua campagna “all in or nothing” che ha raccolto da subito ottimi risultati. Questo grazie anche al team marketing dell’azienda tedesca che, direttamente da Rio De Janeiro, ha lavorato tempestivamente sui contenuti da divulgare in rete e ha reagito in maniera reattiva ai commenti degli utenti, fomentando così le conversazioni online dei tifosi con il proprio brand. Puntando sullo share of voice e sui momenti più significativi del match, Adidas ha ottenuto oltre 917 mila mentions dell’hastag #allin su Twitter, il triplo rispetto a qualsiasi altro brand durante il torneo. Il bilancio digitale di Adidas e della sua campagna parla chiaro: su Twitter l’hashtag della campagna #allin or nothing è risultato fra i primi 5 in Italia con un volume di tweet di circa 5.8 mila e un totale di oltre 11 milioni di impression. Durante la partita Italia-Uruguay c’è stato un picco di Tweet con 1.8 mila cinguettii, mentre l’account @adidas_ITA è risultato il terzo più ritwittato in assoluto. Su Facebook i fan italiani della pagina Adidas football hanno realizzato oltre 158.000 interazioni e un engagement rate del 10.80%. I dati italiani quindi confermano un migliore risultato rispetto al competitor, ma il sorpasso c’è stato anche a livello globale. Merito anche della presenza di Adidas sul campo, con un team marketing insediato a Rio De janeiro che ha creato e gestito i contenuti social dell’azienda durante la manifestazione. Interagendo in tempo reale con gli utenti del web e generando brand content mirati, Adidas è riuscita così a ottenere il primato di azienda più chiacchierata sulla rete durante la competizione con 1.59 milioni di conversazioni. Adidas inoltre ha dato vita a uno dei grandi protagonisti della Coppa del Mondo, il pallone Brazuca usato per la finale. Il nome del pallone è stato eletto dal popolo brasiliano tramite un contest online lanciato dall’azienda stessa. L’account @brazuca, creato appositamente su Twitter per il pallone, ha raggiunto in pochi mesi più di 131 mila follower sulla piattaforma tra cui anche celebrities dal calibro internazionale come S.L.Jackson e Hugh Jackman e due leggende del calcio come Zidane e Cafu.
Nike invece ha puntato tutto sulla campagna “Risk Everything” composta da diversi spot diventati virali come Men in the Arena, Winner Stays e The Last Game che hanno come protagonisti i più forti calciatori al mondo come Cristiano Ronaldo, Neymar Jr, Wayne Rooney e Zlatan Ibrahimovic. Uno dei tre spot “The Last Game” è stato però preso di mira dal web che ha ironizzato sulla sfortuna che il video avrebbe procurato ai giocatori che ci hanno messo la faccia: Neymar si è infortunato durante la manifestazione, Ibrahimovic non è riuscito nemmeno a qualificarsi con la sua squadra e Ronaldo non ha regalato ottime performance durante i mondiali. Lo spot quindi si è trasformato in un vero e proprio boomerang per l’azienda anche se ha generato fino ad oggi oltre 65 milioni di visualizzazioni.
Fino a qui quindi per entrambe le aziende investimenti da far girare la testa persino a Zio Paperone, la scelta di testimonial mirati per generare engagement e contratti milionari con i più grandi campioni dei mondiali, oltre alla fornitura dell’attrezzatura sportiva per tutte le nazioni presenti al torneo e Adidas in testa alla competizione tra brand. Poi la sicurezza di Adidas di vincere nettamente sulla rivale di sempre è stata messa in dubbio dal morso che l’uruguaiano Suarez decide di inferire al malcapitato Chiellini durante la partita tra Uruguay e Italia. Il giocatore infatti era stato scelto dall’azienda per essere testimonial della nuova linea di tacchetti Battle Pack ed era protagonista di manifesti in cui veniva immortalato proprio nell’atto di scoprire i denti con lo slogan “Tudo ou nada”. Affissioni che hanno messo fortemente a disagio il colosso tedesco dopo il grave gesto del calciatore. Prontamente l’azienda ha provveduto a rimuovere i cartelli incriminati e ha deciso di sospendere tutte le attività di marketing previste con lui durante i mondiali. Nike invece ha dovuto subito fare i conti con l’esclusione delle squadre sponsorizzate, restando in campo solo Brasile e Olanda che si sono giocate il terzo e il quarto porto. Lasciandosi alle spalle l’episodio negativo di Suarez, Adidas ha festeggiato la finalissima: in campo sono entrate due squadre (Germania e Argentina) totalmente sponsorizzate dall’azienda delle tre strisce. Ma per Adidas è arrivata la beffa finale con il goal decisivo segnato da Mario Goetze che indossava per l’occasione scarpe Nike Magista. Quindi si può concludere affermando che investire cospicuamente in una manifestazione così importante con pianificazioni media, campagne social e ADV, sponsorizzazione tecniche e commerciali è proficuo per un brand che vuole conquistare visibilità e sorpassare sul mercato il suo principale concorrente? Forse no, se poi entrano in campo giocatori di un livello superiore chiamati abitualmente “fato” o “caso”. Piuttosto è meglio affidarsi a un singolo campione (con la “fedina sportiva” pulita e senza precedenti non come Suarez) e puntare tutto su di lui.
© RIPRODUZIONE RISERVATA