Strategia o ingenuità? Lo spot del panettone Motta quest’anno ha fatto parlare molto di sé.
“Per il nostro panettone noi di Motta avremmo potuto usare tofu tritato, papaya, seitan, alga essiccata, e cuocerlo per trenta secondi nel microonde. Invece no! Lo abbiamo preparato seguendo la nostra ricetta, originale dal 1919. Da sempre”
Recita così la voce fuori campo dello spot pubblicitario ideato da Saatchi&Saatchi Italia.
Carino, divertente per alcuni, per altri invece offensivo e ignorante. Le reazioni al video dell’azienda di proprietà Bauli sui social network sono state contrastanti. Gli utenti si sono divisi tra chi ha preso sul ridere l’ironia del tofu nel panettone e chi ha invece criticato molto la scelta del racconto, giudicandola irrispettosa e fuori luogo.
C’è anche chi ha preferito analizzare la strategia di marketing che traspare dal video, sottolineando la competenza dell’agenzia nonostante la odierne difficoltà di comunicare in modo disruptive ma targettizzato.
Più creativa la risposta di “Vegan Chronicles”, una web serie sul tema dell’alimentazione, che ha deciso di giocare la partita sul campo dell’avversario pubblicando una parodica rivisitazione della voce fuori campo dello spot originale.
Potremmo affermare che, con l’evolversi dei tempi, quei temi che prima erano tabù (o sconosciuti ai più), oggi, nonostante siano stati sdoganati, richiedono una certa sensibilità di approccio.
Motta, però, non è la sola azienda che ha giocato col fuoco e poi si è se non bruciata perlomeno scottata. Anche Melegatti aveva peccato di tatto con lo spot dei cornetti in cui si esortava il consumatore ad amare il prossimo come se stesso.. purché dell’altro sesso. Anche in questo caso non si sono fatte attendere le reazioni degli utenti sui social, dove si è sollevata una rivolta per l’esclusione degli omosessuali ed a cui l’azienda ha cercato subito di rispondere.
Fretta e disattenzione hanno causato il salto dalla padella alla brace: dissociandosi dall’agenzia creatrice del post e scaricandole addosso tutte le responsabilità del fattaccio, Melegatti non ha lasciato una positiva immagine di sé.
Eppure gli anni passati sono pieni di precedenti che sarebbero dovuti diventare monito per le campagne di pubblicità e comunicazione future, e che, invece, sono finiti nel dimenticatoio. Quindi, tattica e strategia sono lo specchio di prese di posizioni garibaldine, oppure le marche, soprattutto quelle storiche, addirittura quelle associate al più classico degli appuntamenti come il Natale, non possono permettersi la polarizzazione delle audience?
Se la reputazione è anche la sintesi del “voto” degli utenti ad aziende, brand e prodotti, si può arrivare all’interrogazione impreparati?