La reputazione di Johnson & Johnson si decide in tribunale?
La sentenza è stata emessa, di nuovo: Johnson & Johnson dovrà pagare 55 milioni di dollari a una donna americana che aveva accusato la società farmaceutica multinazionale di aver venduto prodotti a base di talco che causano tumore. È il secondo verdetto dopo la condanna a pagare 72 milioni alla famiglia di una donna deceduta per le stesse ragioni. Nonostante J&J sia decisa a far valere le proprie ragioni in appello, lo scenario che si appresta ad affrontare non è dei più rosei, per usare un eufemismo. Sebbene la società sostenga che le condanne contrastino con decenni di ricerche che certificano la sicurezza del talco e attui politiche di CSR nonché campagne di solidarietà convincenti (come il recente sostegno a UNICEF), ogni post pubblicato sui canali ufficiali social è diventato per i consumatori il pretesto per accusare J&J di utilizzare nei loro prodotti di punta ingredienti che fanno male alla salute. Non il migliore biglietto da visita per chi fa del mercato del care la propria fonte di guadagno e il principale strumento di customer retention. Certo è che quando il picco di engagement proviene in maniera reiterata da una crisi, il brand subisce un contraccolpo alla reputazione che siamo certi sarà gestito con grandissima attenzione. Stiamo parlando di una company quotata in borsa il cui titolo è al picco massimo del valore mai raggiunto negli ultimi 15 anni per cui Johnson & Johnson al momento potrebbe subire contraccolpi dal valore decisamente superiore alle condanne pecuniarie. Dal punto di vista della strategia di recovery cosa possiamo aspettarci da un brand così storicamente associato al concetto di famiglia?