11 anni e ¾ sono un po’ pochi per avere rimpianti. E d’altra parte la gioia di potersi arrampicare sugli alberi, di tuffarsi nelle pozzanghere e di godere del piacere dell’aria aperta -e del sole estivo-sono privilegi “a tempo”, che è un vero peccato sprecare.
Ecco perché la scoperta che in Inghilterra la maggioranza dei bimbi non abbia mai occasione di giocare all’aria aperta, che siano più frequenti le medicazioni per le cadute dal letto che dall’albero e che per 20 bambini su 100 la bicicletta sia un illustre sconosciuto, ha destato più di qualche preoccupazione nell’opinione pubblica d’oltremanica, soprattutto alla luce del fatto che questi passatempi sono stati soppiantati da sedute intensive –per una media complessiva di 4 ore e mezza- di “contemplazione della TV o dello schermo del computer”.
Ma esiste una causa per questa deriva dell’infanzia britannica? Se l’è chiesto –ma soprattutto l’ha chiesto ai bambini inglesi- The National Trust, una charity inglese attiva nella salvaguardia dei luoghi storici e di interesse culturale, scoprendo che in realtà i desideri dei bambini –scalata degli alberi in primis- sono rimasti gli stessi. A cambiare sono stati i genitori che, per eccessivo senso di protezione, limitano la libertà di gioco dei propri pargoli relegandoli, di fatto, in casa. E allora come fare per invertire la rotta?
The National Trust ci ha provato con la campagna 50 Things To Do Before You’re 11¾.
Punto di partenza dell’iniziativa, come suggerisce il nome stesso, una lista di cose da fare (50) prima del compimento degli 11 anni e ¾, en plein air, e ovviamente in tutta sicurezza in modo da “disinnescare” anche il genitore più apprensivo.
L’iniziativa è stata lanciata il 24 aprile, con la diffusione, in allegato con The Guardian, di un quaderno dove raccogliere le memorie delle proprie esperienze di gioco. La “to do list” è stata invece veicolata attraverso un video postato sul sito web della campagna e su You Tube. Parallelamente, è stato istituito il Trust’s Free Weekend durante il quale, speciali coach dell’outdoor – gli Elite Rangers- hanno aiutato i bambini a imparare a giocare all’aperto. Infine, per stimolare i ragazzi a sperimentare questi giochi “vintage”, sempre all’interno del sito 50things.org, è stata aperta una competizione con un unico obiettivo: spuntare l’elenco delle 50 cose da fare prima del compimento dei fatidici 11 anni e ¾ -e ricevere medaglie e premi speciali-.
I risultati della campagna, ancora in corso, non sono noti ufficialmente, ma è chiaro che l’iniziativa ha avuto una forte impatto –anche sulla reputazione della charity- tanto che, proprio in questi giorni, in occasione del passaggio della torcia olimpica a Petworth House, alcuni volontari del National Trust sono stati invitati dall’amministrazione locale ad organizzare il più grande meeting di “suonatori di fili d’erba” –attività contenuta nella lista dei 50 must to do- coinvolgendo 1.500 bambini delle scuole locali per ottenere così la certificazione del primato dal Guinnes World Record.
Un bel esempio di come una buona strategia, asservita ad una buona causa, possa impattare positivamente tanto sulla reputazione di chi se ne fa promotore quanto su un’intera comunità, e di come la scelta di comunicare soluzioni positive -più che denunciare situazioni negative- risulti vincente se l’obiettivo è veicolare il messaggio desiderato creando engagement.
Una “case” particolarmente interessante per l’Italia dove – seppur in modo disorganico – si stanno creando, spontaneamente, piccoli gruppi di pressione formati da genitori che chiedono la possibilità, per i propri figli, di giocare nel giardino condominiale.
Come ricorda Repubblica per esempio, il comune di Milano, sotto la spinta di un gruppo di genitori, ha recentemente “vietato di vietare i giochi dei bambini in cortile” scatenando reazioni di segno opposto tanto nell’opinione pubblica quanto tra le associazioni di chi gestisce la vita dei palazzi. Ma Milano non è un caso isolato: altre città – tra cui Torino, Roma, Bologna, Firenze e Bari – hanno già affrontato la questione: segno che i tempi sono maturi per pianificare l’azione.
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